ABSTRACT
The problem. In the last ten years, a large number of studies have been aimed at defining and evaluating the restoration of well-being (mental, emotional and physical) attributable to natural environments. In general, natural environments are usually experienced as more “regenerating” than urban or man-made environments. However, how much the natural environment is perceived as healthier, compared to the anthropic one, seems difficult to evaluate, due to a variety of methods used in data collection, to a lack of shared definitions of the environmental characteristics that enable to classify the different environments, as well as agreement on conceptual models for studying these influences.
Aims. In the present work, in order to arrive at a provisional synthesis on the subject, some of the most extensive surveys are examined aimed at measuring how much more invigorating and restorative the natural environment is perceived with respect to the anthropic one.
Method. Starting from the large systematic reviews aimed at quantifying the benefits linked to exposure to natural environments, carried out on the main databases which include studies of environmental psychology, we proceeded to a bibliographic search of the studies on how much more invigorating and restorative the environment is perceived natural versus man-made ones.
Results. The results confirm that natural environments are more regenerating and have a greater reparative capacity than urban environments. However, the great diversity of methods used for data collection makes it difficult to directly compare the results of the studies, even though they are mostly convergent. However, the specifics of a real “natural therapy” remain to be defined in terms of active components, characteristics of the context, beneficiaries, expected benefits, doses and any contraindications.
KEYWORDS: urban environment, natural environment, psychological well-being, regeneration, meta-analysis, biological, cognitive, social resources.
INTRODUZIONE
Un numero crescente di studi provenienti da diverse aree della psicologia (ad es. psicologia ambientale, psicologia del consumo, psicologia della salute, psicologia delle organizzazioni e psicologia dello sport) indicano che l’esposizione agli ambienti naturali può incrementare il benessere delle persone (es. Berto, 2014; Bodin & Hartig, 2003; Bowler, Buyung-Ali, Knight, & Pullin, 2010; Hartig, Mitchell, de Vries, & Frumkin, 2014; Mitchell, 2013; Mitchell & Popham, 2008).
Le caratteristiche degli ambienti che facilitano il recupero di risorse (biologiche, cognitive, psicologiche e sociali) in un individuo (Hartig, 2004), cioè con capacità detta “rigenerativa”, sono diventati un importante oggetto di ricerca (Staats, 2012).
Ciò ha dato luogo alla proposta di varie teorie psicologiche per spiegare perché gli esseri umani traggono vantaggio psico-emotivo dall’esposizione a determinati tipi di ambiente. Due teorie sono emerse negli ultimi 30 anni dominando la ricerca empirica: la teoria del recupero dallo stress psicoemotivo (Stress Reduction Theory – SRT; Ulrich, 1983; Ulrich, Simons, Losito, Fiorito, Miles, & Zelson 1991) e la teoria del ripristino dell’attenzione (Attention Recovery Theory – ART; Kaplan, 1995; Kaplan & Kaplan, 1989).
La SRT (o teoria psico-evolutiva) si concentra sugli effetti immediati e sulla risposta emotiva inconsapevole suscitata da un ambiente (Korpela, Klemettilä, & Hietanen, 2002), suggerendo che il contatto con la natura possa favorire sentimenti di interesse, calma e piacevolezza da lievi a moderati (Hartig et al., 2011) e, di conseguenza, consentire il recupero da una condizione di stress psico-emotivo (Ulrich, 1979).
La teoria di Ulrich è stata recentemente corroborata anche da una meta-analisi (McMahan & Estes, 2015) sull’effetto del contatto con gli ambienti naturali su indici di affettività positiva e di affettività negativa: l’esposizione alla natura era correlata positivamente con le emozioni positive (r=.31) e correlata negativamente con le emozioni negative (r=–.12).
L’ART si concentra sulle caratteristiche degli ambienti naturali che favoriscono il recupero di benessere fisico e mentale, ipotizzando che il contatto con la natura consenta alle persone di ripristinare le risorse attentive consumate, favorire l’attenzione diretta e, di conseguenza, recuperare da una condizione di fatica mentale, ovvero di difficoltà cognitiva (Kaplan, 1995). Centrale per l’ART è l’assunto che la capacità di dirigere volontariamente l’attenzione diminuisca con l’uso della stessa, poiché richiede uno sforzo per inibire gli effetti gli effetti distraenti degli stimoli interni ed esterni. Il contatto con gli ambienti naturali, secondo la teoria, non richiede l’uso dell’attenzione volontaria, riducendo così la necessità di esercitare controllo inibitorio, liberando così risorse mentali, permettendone il recupero (Staats, 2012).
Nella letteratura di riferimento si suppone che tale capacità rigenerativa sia promossa dalle caratteristiche intrinseche degli ambienti naturali (es. Kaplan, 1995; Korpela & Hartig, 1996; Pasini, Berto, Brondino, Hall, & Ortner, 2014) così definite:
- Fascinazione[1]: modo in cui gli stimoli presenti nell’ambiente catturano l’attenzione involontaria di un individuo;
- Distanziamento: misura in cui un ambiente induce nella persona la sensazione di sentirsi liberata dalle preoccupazioni e dagli obblighi quotidiani;
- Struttura: qualità che comprende due aspetti: (1) la percezione che l’ambiente possieda o meno una struttura e (2) la misura in cui l’ambiente offra opportunità per l’esplorazione;
- Affinità: corrispondenza tra le aspettative di una persona e le qualità osservate dell’ambiente.
SCOPO
Lo scopo generale di questo lavoro è di fare una breve panoramica degli studi che hanno confrontato la capacità riparativa derivante dall’esposizione diretta ad ambienti naturali e quella di ambienti urbani (antropizzati), nonché tra ambienti simulati e ambienti reali.
Il secondo obiettivo del presente lavoro è di indagare se le differenze metodologiche potessero spiegare la variabilità degli effetti rilevati tra i diversi studi considerati.
LE RICERCHE ESAMINATE
Materiali e metodo
È stata effettuata una ricerca sulle banche dati online PsycINFO, PsycARTICLES, Scopus, SpringerLINK, Web of Science per identificare gli articoli con revisione paritaria pubblicati fino ad oggi sugli effetti ristoratori della natura. Sono stati inizialmente valutati 22 studi che soddisfacevano i seguenti criteri di inclusione: esposizione diretta all’ambiente naturale o artificiale, confronto tra un ambiente esterno con presenza di almeno un elemento naturale e uno senza elementi naturali, presenza di misure di “rigeneratività” ottenute con scale di auto-valutazione. Di questi ne sono stati selezionati 4 che rispondevano più precisamente ai quesiti di ricerca (V. Tab.1). Sono state inoltre tratte indicazioni dagli altri articoli selezionati quando fornivano dati rilevanti anche se in ambiti non coperti da quelli selezionati inizialmente.
Tab.1 I 4 articoli selezionati: |
– Twohig-Bennett C.& Jones A. (2018) The health benefit of the great outdoor: A systematic review and metanalysis of greenspace exposure and health outcomes. Environ. Res |
– Menardo E, Brondino M, Hall R, Pasini M. (2019) Restorativeness in Natural and Urban Environments: A Meta-Analysis. Psychol. Rep |
– Bowler D E, Buyung-Ali L M, Knight T M, Pullin A S. (2010) A systematic review of evidence for the added benefits to health of exposure to natural environments. BMC Public Health. |
– Barber E, Fuller R A, Shanahan D F , Bush R , Gaston KJ ,. Lin 4B B , Dean J. (2016) Health Benefits from Nature Experiences Depend on Dose. Scientific Reports. |
RISULTATI
Negli studi esaminati, la capacità riparativa di un ambiente e la sua capacità di ripristinare le risorse cognitive sono state studiate indirettamente, sia attraverso misure fisiologiche (Chen, He e Yu, 2016; Tang et al., 2017), che comportamentali (Berto, 2005; Lin, Tsai, Sullivan, Chang, & Chang, 2014). In altri lavori sono state studiate con misure di autovalutazione (indirette anch’esse) volte a rilevare gli effetti positivi del contatto con gli ambienti naturali su indici di umore, disagio, psicopatologia o funzionamento mentale e benessere soggettivo, o altri indicatori di percezione soggettiva della capacità riparativa di un ambiente (Berto, 2014; Hartig, Korpela, Evans & Gärling , 1997; Pasini et al., 2014). I punteggi ottenuti venivano interpretati come una stima del potenziale riparativo dell’ambiente di riferimento considerato nella ricerca (Staats, 2012).
Nello studio di Pearson e Craig, le persone erano invitate a valutare la qualità riparativa dell’ambiente dove si svolgeva la ricerca, in base ai quattro parametri indicati dall’ART (Fascinazione, Distanziamento, Struttura, Affinità). Il presupposto era che le capacità meta-cognitive degli individui permettono loro di comprendere i propri processi cognitivi e di stimare come essi siano influenzati da diversi ambienti (Pearson & Craig, 2014). Una recente revisione sistematica (Ohly et al., 2016) sull’ART ha confermato l’effetto positivo dell’esposizione agli ambienti naturali sull’attenzione.
Tuttavia, le teorie ART e SRT non si escludono a vicenda, poiché secondo l’ipotesi della biofilia (Wilson, 1984), entrambe sono collocabili nello stesso quadro generale per l’esistenza, nell’essere umano, di una “tendenza innata a concentrare il proprio interesse sulla vita e sui processi vitali” (Wilson, 1984). Gli esseri umani, si sostiene, avrebbero sviluppato una tendenza innata a concentrarsi sugli esseri viventi e quindi ad affiliarsi, associarsi, aggregarsi con la natura (Berto, Barbiero, Barbiero, & Senes, 2018).
Secondo alcuni autori gli ambienti naturali presenterebbero anche elementi (ad es. vegetazione, acqua e grotte) e qualità (ad es. la configurazione spaziale come un terreno liscio o alberi che aiutano a definire la profondità della scena) che, durante l’evoluzione, si sarebbero rivelate favorevoli alla sopravvivenza. Ad esempio, la struttura spaziale di una foresta o di una savana può rendere questi ambienti naturali favorevoli alla sopravvivenza perché le informazioni sarebbero immediate e disponibili per valutare dove si può esplorare in sicurezza e cosa potrebbe verificarsi in questo particolare contesto (Kaplan & Kaplan, 1989). Le caratteristiche proprie dell’ambiente spiegherebbero così perché gli esseri umani ottengano benefici emotivi e cognitivi dall’esposizione agli ambienti naturali. (Berto, 2014; Kaplan & Kaplan, 1989; Wilson, 1984).
Alcuni studi hanno suggerito che gli ambienti “acquatici” naturali (laghi, mari e fiumi) e la natura selvaggia sono percepiti come più rigeneranti di ambienti “senza acqua” come montagne e foreste, o degli ambienti naturali in contesto urbano (e.g., Carrus et al., 2015; Laumann, Garling, & Stormark, 2001; McAllister, Bhullar, & Schutte, 2017; Tang et al., 2017; Tyrväinen et al., 2014).
Tuttavia la letteratura riporta differenti potenziali riparativi rispetto al tipo di verde (Beil & Hanes, 2013; de Vries, Verheij, Groenewegen, & Spreeuwenberg, 2003; Hauru et al., 2012; Pals et al., 2014), alla biodiversità (Carrus et al., 2015; Hartig et al., 2014; Marselle, Irvine, Lorenzo-Arribas, &Warber, 2016), alla percentuale di verde (de Vries et al., 2003; White, Pahl, Ashbullby, Herbert, & Depledge, 2013; White et al., 2010) e ai tipi di superficie dell’acqua (Wilkie & Stavridou, 2013). Alti livelli di verde (e.g., Beil & Hanes, 2013; Hauru et al., 2012) o la presenza di una ampia superficie di acqua (e.g., fiume, lago, e mare; Tang et al., 2017; White et al., 2010, 2013) aumentano la capacità riparativa percepita dell’ambiente. Ambienti urbani con elementi d’acqua potrebbero però avere lo stesso potenziale riparativo della natura senz’acqua (White et al., 2010).
Al contrario, gli ambienti con elementi d’acqua sgradevoli potrebbero essere meno riparatori degli ambienti senza acqua (Wilkie & Stavridou, 2013). Inoltre, l’evidenza empirica ha suggerito che le caratteristiche della luce (ad esempio, luminosità, uniformità, ampiezza, qualità del colore, e offuscamento) influenzano la percezione delle qualità riparative (ad es. Nikunen & Korpela, 2009; Nikunen, Puolakka, Rantakallio, Korpela e Halonen, 2014). Ad esempio, la luce naturale (fuoco e tramonto) esalta il fascino di un ambiente (Kaplan & Kaplan, 1989), la luminosità ne promuove l’esplorazione (ambito), e la qualità del colore facilita il rilassamento e la sensazione di essere lontano (Nikunen et al., 2014). La Tab. 2 riassume le principali caratteristiche studiate.
Tab.2 POTENZIALI FATTORI RIPARATIVI DEI CONTESTI NATURALI SULLA SALUTE E IL BENESSERE | |
Livello di verde | Beil & Hanes, 2013; de Vries, Verheij, Groenewegen, & Spreeuwenberg, 2003; Hauru et al., 2012; Pals et al., 2014 |
Biodiversità | Carrus et al., 2015; Hartig et al., 2014; Marselle, Irvine, Lorenzo-Arribas, &Warber, 2016 |
Percentuale di verde | de Vries et al., 2003; White, Pahl, Ashbullby, Herbert, & Depledge, 2013; White et al., 2010 |
Presenza di specchi d’acqua | Wilkie & Stavridou, 2013 |
Presenza di raccolte idriche naturali (p.es. fiume, lago, e mare) | Tang et al., 2017; White et al., 2010, 2013 |
Ambienti senza acqua[2] | (Wilkie & Stavridou, 2013). |
Caratteristiche della luce: luminosità, uniformità, ampiezza, qualità del colore, e offuscamento | Nikunen & Korpela, 2009; Nikunen, Puolakka, Rantakallio, Korpela e Halonen, 2014 |
Luce naturale ([3]) che esalta l’attrattiva di un ambiente | Kaplan & Kaplan, 1989 |
Luminosità che promuove l’esplorazione (ambito), e qualità del colore | Nikunen et al., 2014 |
In sintesi, molti studi empirici suggeriscono che la natura, rispetto agli ambienti urbani, ha maggiori effetti rigenerativi e che tali effetti si rilevano nei domini affettivo, cognitivo e del benessere globale.
Tuttavia, alcuni Autori (Berto, 2014; Hartig et al., 2014; McMahan & Estes, 2015; Ohly et al., 2016) hanno evidenziato che tra gli studi esiste una sostanziale diversità in termini di metodo e disegno di ricerca utilizzati, che rendebbero difficile il confronto tra risultati e quindi la possibilità di trarre conclusioni definitive.
Ad esempio, sembra che l’effetto dell’esposizione ambientale sulle emozioni positive sia più forte in ambienti naturali reali rispetto ad ambienti simulati in laboratorio, mentre non è stata trovata differenza tra ambienti naturali curati e ambienti non curati (“natura selvaggia”)(McMahan & Estes, 2015).
La capacità riparativa percepita è un altro parametro ora ampiamente utilizzato nella letteratura (Staats, 2012). Gli effetti riparativi sembrano comunque essere legati alle variabili personologiche e/o comportamentali, in linea con una prospettiva bio-psicosociale.
Inoltre, le differenze osservate negli effetti sulle emozioni e sulle capacità cognitive delle persone dopo l’esposizione ad ambienti diversi (ambiente naturale vs ambiente urbano) potrebbero essere in parte riconducibili ai diversi strumenti di misura utilizzati.
L’effetto stimato dell’esposizione alla natura sull’umore e sulle capacità cognitive è maggiore negli studi che utilizzano la PANAS (Positive and Negative Affect Schedule; Watson, Clark, & Tellengen, 1988) o il Trail Making Test, rispetto a strumenti come lo ZIPERS (Zuckerman Inventory of Personal Reactions; Zuckerman, 1977 ) o il Sustained Attention to Response task (per i dettagli vedere McMahan & Estes, 2015; Ohly et al., 2016).
Quanto alle differenze tra ambienti naturali ed ambienti urbani, le ricerche esaminate tendono a confermare che la natura è percepita come più riparatrice degli ambienti urbani, confermando conclusioni già assodate in psicologia ambientale (Gifford, 2014; Staats, 2012). L’entità dell’effetto medio stimato in questi studi è stata ampia (Kappa di Cohen= 1.99) rispetto agli effetti normalmente osservati in psicologia (Brand & Bradley, 2016). Viene inoltre confermato che i questionari di autovalutazione sono uno strumento valido per misurare la capacità riparativa percepita degli ambienti naturali rispetto a quelli urbani.
DISCUSSIONE
Sebbene la presente rassegna suggerisca che la natura è percepita come molto più rigenerante degli ambienti urbani, i suoi reali benefici per le persone potrebbero non essere molto maggiori di quelle offerte da questi ultimi. Pearson e Craig (2014), ad esempio, sostengono che il recupero di risorse cognitive dovrebbe avvenire indipendentemente da ciò che viene percepito se, come ipotizzato nell’ART (Kaplan & Kaplan, 1989), tale recupero è il risultato di un’interazione tra attenzione diretta e proprietà intrinseche degli ambienti. Gli ambienti potrebbero quindi essere valutati come più riparativi anche se le prestazioni cognitive non sono influenzate dalla qualità dell’ambiente (Evensen et al., 2015). Di conseguenza, misurare la capacità riparativa percepita senza misurare direttamente gli effetti sulle funzioni cognitive potrebbe portare a risultati fuorvianti (Pearson & Craig, 2014).
In primo luogo, le analisi dei fattori di moderazione hanno evidenziato, come previsto, che il disegno della ricerca in parte spiegava la variabilità dei risultati tra gli studi, con maggiori effetti osservati negli studi interdisciplinari rispetto a quelli osservati fra gli studi intradisciplinari. Questo probabilmente dipendeva dal miglior controllo della variabilità inter-individuale nel primo tipo di disegno di ricerca rispetto al secondo.
Gli strumenti di misurazione utilizzati per valutare la capacità riparativa percepita degli ambienti sembrano avere una buona capacità di rilevare le differenze tra ambienti, ciò potrebbe permettere confronti plausibili anche tra studi che utilizzano strumenti diversi tra loro.
Le caratteristiche personali (ad esempio, età, sesso, livello di istruzione, tratti o caratteristiche di personalità) risultano svolgere un ruolo significativo nel determinare la percezione della rigenerazione dovuta a determinati ambienti. Ad esempio, anche se l’età non sembra influenzare la percezione della capacità riparative degli ambienti (Berto, 2007), gli ambienti naturali e urbani potrebbero avere potenzialità riparative differenti in relazione alla fase della vita (Scopelliti & Giuliani, 2004), come ad esempio viene rilevato nello studio di McMahan, che ha trovato una correlazione maggiore tra umore positivo ed esposizione alla natura nelle persone anziane (McMahan & Estes, 2015). Potrebbe quindi risultare utile indagare come bambini e anziani si rapportino con l’ambiente naturale per verificarne benefici ottenuti, identificare le condizioni che possono beneficiarne e le modalità di esposizione più opportune.
Secondo un recente studio, i bambini che soffrono di disattenzione e iperattività (ADHD) che trascorrono molto tempo fuori casa in mezzo alla natura hanno sintomi meno gravi di chi passa più tempo in luoghi chiusi. La ricerca, condotta da Talylor e Kuo (2011) su un campione di 400 bambini, ha rilevato che quelli che giocavano abitualmente in contesti verdi avevano un maggior livello di concentrazione oltre a rimanere più calmi, rilassati, soddisfatti.
Infine, rispetto ai campioni utilizzati, si rileva che gli studenti sono abitualmente considerati un buon campione rappresentativo della popolazione generale, ma la validità di questo assunto non è verificata!
Per quanto riguarda l’effetto del genere o del livello di istruzione sulla capacità riparativa, negli studi usati per le analisi queste variabili non sono state sistematicamente considerate, costituendo potenziali fonti di varianza nelle ricerche in questo ambito. Sono sicuramente necessari studi che tengano conto di queste variabili.
Tra i tratti di personalità, è stato suggerito che il nevroticismo influenzi la percezione della capacità riparativa degli ambienti domestici (Meagher, 2016) e che le persone con punteggi elevati di nevroticismo potrebbero ottenere maggiori benefici dall’esposizione agli ambienti naturali urbani rispetto alle persone che hanno punteggi più bassi (Newman & Brucks, 2016). È stato anche suggerito che la capacità di percepire il potenziale riparativo di un ambiente dipenda dal livello di affinità con gli elementi naturali, come indicato da evidenze empiriche che mostrano la relazione tra un alto grado di naturalità percepita (Carrus et al., 2013; Hartig et al., 1997; Hipp, Gulwadi, Alves e Sequeira, 2016) nonché di connessione con la natura (Berto et al., 2018) e gli effetti rigenerativi percepiti dell’ambiente.
La natura, tuttavia, sembra essere percepita in generale come più riparatrice rispetto agli ambienti urbani indipendentemente dal contesto di esposizione (in laboratorio o in situ), del tipo di ambiente naturale considerato (selvaggio o “curato”), dello strumento di misura utilizzato o dei soggetti che che formulano i giudizi.
Infatti, l’effetto rigenerativo si riscontra anche agli ambienti naturali riprodotti in laboratorio, confermando l’assunto implicito che l’esposizione ad ambienti simulati produce effetti simili a quelli derivanti dell’esposizione ad ambienti reali (Stamps, 1990; Valtchanov et al., 2010; Valtchanov & Ellard, 2010).
Inoltre, i risultati suggeriscono che la natura urbana potrebbe essere un valido sostituto per la natura selvaggia quando si pianificano ambienti riparativi (McMahan & Estes, 2015). Tuttavia, anche se la presenza di interventi umani (es. strade, edifici, ecc.) sembra non influenzare la percezione delle qualità riparative di un ambiente, altre caratteristiche ambientali potrebbero influenzarla.
L’aspetto cruciale nel determinare i livelli di riparabilità percepita potrebbe non essere essere la presenza di un intervento umano (ovvero elementi artificiali come ad es. strada, edifici, ecc.) ma particolari (oggettivi o soggettivamente rilevati) dell’ambiente. Indagini su diversi tipi di ambienti naturali urbani e sugli elementi che li caratterizzano potrebbero chiarire meglio questo aspetto.
Un interrogativo viene spontaneo per quanto concerne il benessere fisiologico dell’uomo a contatto con la natura, comunque essa sia rappresentata: è l’ambiente naturale che aumenta il nostro benessere fisiologico, psicologico e sociale, o è il fatto che il soggetto già parta con un stato già buono dal punto di vista bio-psicosociale che lo spinge ad approcciarsi sempre di più con l’ambiente naturale? Ipotizzando un determinismo ricorsivo, bisogna pensare che uno stato di base già favorevole potrebbe condizionare favorevolmente la propensione al contatto con la natura, o viceversa sfavorevolmente, se le condizioni di base non sono buone. Sarebbero necessari ulteriori studi (prospettici) che prendano in considerazione specificamente questo aspetto.
Riguardo agli effetti rigenerativi, come definiti nell’ART, e agli effetti positivi per il benessere e la salute mentale, è interessante notare come essi siano stati rilevati nei diversi studi indipendentemente dalle metodiche utilizzate (misure fisiologiche, misure di funzionamento cognitivo, questionari, interviste) e dal contesto in cui avviene la fruizione (passeggiate nel bosco, attività fisica, meditazione nella natura etc.) in tutte le fasce di età coinvolte negli studi. E, aspetto ancor più interessante, come l’effetto positivo si abbia anche nel caso di ambienti simulati in laboratorio per mezzo della realtà virtuale o addirittura di rappresentazioni della natura.
Finora abbiamo considerato gli aspetti positivi del contatto con la natura, ma una criticità che tuttavia dovrebbe essere presa in considerazione è la possibilità che si possa incorrere in rischi, talora gravi, affrontando ambienti naturali senza una guida né una adeguata formazione e preparazione, e soprattutto senza considerare le condizioni individuali di salute.
È da notare infine che non vi sono ricerche che valutino l’ipotesi che l’effetto “riparativo” sia da attribuire al passaggio dall’ambiente artificiale a quello naturale, cioè ad una esperienza del cambiamento tra i due tipi di ambiente diversi. Tipicamente, gli stress lavorativi di molti cittadini si realizzano nei contesti urbani, mentre per costoro ai contesti naturali viene abitualmente associata la vacanza. Che questa ipotesi possa essere avanzata ce lo suggerisce anche la presenza di un effetto inverso, cioè un “sollievo” quando si passi da un ambiente naturale, quando esso comporti fatica e scomodità, ad uno antropico, con tutti i suoi tipici comfort.
CONCLUSIONE
I risultati della disamina di queste ricerche sembrano convalidare l’effetto positivo sulla salute mentale e sul benessere del contatto con la natura, anche se tale influenza appare condizionata da numerose variabili, talune ancora da valutare.
Fermo restando, quindi, l’evidente potenziale “salutogeno” del contatto con gli ambienti naturali, restano da determinare le specifiche caratteristiche benefiche dei differenti contesti, siano essi naturali o antropici, quali possano essere i beneficiari in termini di età, genere, stato fisico o eventuali patologie psichiche o fisiche, nonché l’aspetto dinamico, cioè lo stato del soggetto prima dell’esposizione al nuovo ambiente.
In ogni caso, per considerarla una vera e propria “terapia”, facendo riferimento ai trattamenti medici, dovrebbero anche essere identificate le sue indicazioni, le modalità di somministrazione (dose, frequenza, orari/stagionalità), così come dovrebbe essere calcolato il rapporto rischi-benefici.
Bibliografia
Beil, K., & Hanes, D. (2013). The influence of urban natural and built environments on physiological and psychological measures of stress—A pilot study. International Journal of Environmental Research and Public Health, 10(4), 1250–1267.
Berto, R. (2005). Exposure to restorative environments helps restore attentional capacity. Journal of Environmental Psychology, 25(3), 249–259.
Berto, R. (2014). The role of nature in coping with psycho-physiological stress: a literature review on Restorativeness. Behav. Sci. 4, 394–4097.
Berto, R., Barbiero, G., Barbiero, P., & Senes, G. (2018). An individual’s connection to nature can affect perceived restorativeness of natural environments. Some observations about biophilia. Behavioral Sciences, 8(3), 34.
Bodin, M., & Hartig, T. (2003). Does the outdoor environment matter for psychological restoration gained through running? Psychology of Sport and Exercise, 4(2), 141–153.
Bowler, D.E.; Buyung-Ali, L.M.; Knight, T.M.; Pullin, A.S. A systematic review of evidence for the added benefits to health of exposure to natural environments. BMC Public Health 2010, 10, 456. [CrossRef]
Carrus G., Lafortezza R., Colangelo G., Dentamaro I., Scopelliti M., Sanesi G. (2013). Relations between naturalness and perceived restorativeness of different urban green spaces. Psyecology, 4(3), 227–244.
Carrus, G., Scopelliti, M., Lafortezza, R., Colangelo, G., Ferrini, F., Salbitano, F., . . . Sanesi, G. (2015). Go greener, feel better? The positive effects of biodiversity on the well-being of individuals visiting urban and peri-urban green areas. Landscape and Urban Planning, 134, 221–228.
Chen, Z., He, Y., & Yu, Y. (2016). Enhanced functional connectivity properties of human brains during in-situ nature experience. PeerJ, 4, e2210.
De Vries, S., Verheij, R. A., Groenewegen, P. P., & Spreeuwenberg, P. (2003). Natural environments—Healthy environments? An exploratory analysis of the relationship between greenspace and health. Environment and Planning A: Economy and Space, 35(10), 1717–1731.
Gifford, R. and Nilsson, A. (2014) Personal and Social Factors That Influence Pro-Environmental Concern and Behavior: A Review. International Journal of Psychology, 49, 141-157.
Hartig T., Mitchell R., de Vries S., Frumkin H. (2014). Nature and health. Annual Review of Public Health, 35, 207–228.
Hartig T., Korpela K., Evans G. W., Gärling T. (1997). A measure of restorative quality in environments. Scandinavian Housing and Planning Research, 14(4), 175–194.
Hartig, T. (2004). Restorative environments. In C. Spielberger (Ed.), Encyclopedia of applied psychology (pp. 273–279). Amsterdam, the Netherlands: Elsevier.
Hartig T., van der Berg A. E., Hagerhall C. M., Tomalak M., Bauer N., Hansmann R., Waaseth G. (2011). Health benefits of nature experience: Psychological, social and cultural processes. In Nilsson K., Sangster M., Gallis C., Hartig T., de Vries S., Seeland K., Schipperijn J. (Eds.), Forests, trees and human health (pp. 127–168). Dordrecht, the Netherlands: Springer.
Hauru K., Lehvävirta S., Korpela K., Kotze D. J. (2012). Closure of view to the urban matrix has positive effects on perceived restorativeness in urban forests in Helsinki, Finland. Landscape and Urban Planning, 107(4), 361–369.
Hipp J. A., Gulwadi G. B., Alves S., Sequeira S. (2016). The relationship between perceived greenness and perceived restorativeness of university campuses and student-reported quality of life. Environment and Behavior, 48(10), 1292–1308.
Kaplan, S. (1995). The restorative benefits of nature: Toward an integrative framework. Journal of Environmental Psychology, 15(3), 169–182.
Kaplan, R., & Kaplan, S. (1989). The experience of nature: A psychological perspective. New York, NY: Cambridge University Press.
Korpela, K., & Hartig, T. (1996). Restorative qualities of favorite places. Journal of Environmental Psychology, 16(3), 221–233.
Korpela, K. M., Klemettila, T., & Hietanen, J. K. (2002). Evidence for rapid affective evaluation of environmental scenes. Environment and Behavior, 34(5), 634–650.
Laumann, K., Garling, T., & Stormark, K. M. (2001). Rating scale measures of restorative components of environments. Journal of Environmental Psychology, 21(1), 31–44.
Lin Y.-H., Tsai C.-C., Sullivan W. C., Chang P.-J., Chang C.-Y. (2014). Does awareness effect the restorative function and perception of street trees? Frontiers in Psychology, 5.
Marselle, M. R., Irvine, K. N., Lorenzo-Arribas, A., & Warber, S. L. (2016). Does perceived restorativeness mediate the effects of perceived biodiversity and perceived naturalness on emotional well-being following group walks in nature? Journal of Environmental Psychology, 46, 217–232.
Meagher B. R. (2016). There’s no place like a neurotic’s home: Neuroticism moderates the prioritization of restorative properties in home environments. Journal of Individual Differences, 37(4), 260–267.
McAllister, E., Bhullar, N., & Schutte, N. S. (2017). Into the woods or a stroll in the park: How virtual contact with nature impacts positive and negative affect. International Journal of Environmental Research and Public Health, 14(7), 786.
McMahan E. A., Estes D. (2015). The effect of contact with natural environments on positive and negative affect: A meta-analysis. The Journal of Positive Psychology, 10(6), 507–519.
Mitchell R., Popham F. (2008). Effect of exposure to natural environment on health inequalities: An observational population study. Lancet (London, England), 372(9650), 1655–1660.
Newman K. P., Brucks M. (2016). When are natural and urban environments restorative? The impact of environmental compatibility on self-control restoration. Journal of Consumer Psychology, 26(4), 535–541.
Nikunen H. J., Korpela K. M. (2009). Restorative lighting environments-does the focus of light have an effect on restorative experiences? Journal of Light & Visual Environment, 33(1), 37–45.
Nikunen H., Puolakka M., Rantakallio A., Korpela K., Halonen L. (2014). Perceived restorativeness and walkway lighting in near-home environments. Lighting Research & Technology, 46(3), 308–328.
Ohly H., White M. P., Wheeler B. W., Bethel A., Ukoumunne O. C., Nikolaou V., Garside R. (2016). Attention restoration theory: A systematic review of the attention restoration potential of exposure to natural environments. Journal of Toxicology and Environmental Health, Part B, 19(7), 305–343.
Pals R., Steg L., Dontje J., Siero F. W., van der Zee K. I. (2014). Physical features, coherence and positive outcomes of person–environment interactions: A virtual reality study. Journal of Environmental Psychology, 40, 108–116.
Pasini M., Berto R., Brondino M., Hall R., Ortner C. (2014). How to measure the restorative quality of environments: The PRS-11. Procedia-Social and Behavioral Sciences, 159, 293–297.
Pearson D. G., Craig T. (2014). The great outdoors? Exploring the mental health benefits of natural environments. Frontiers in Psychology, 5.
Scopelliti M., Giuliani M. V. (2004). Choosing restorative environments across the lifespan: A matter of place experience. Journal of Environmental Psychology, 24(4), 423–437.
Staats H. (2012). Restorative environments. Oxford, England: Oxford University Press.
Stamps A. E. (1990). Use of photographs to simulate environments: A meta-analysis. Perceptual and Motor Skills, 71, 907–913.
Tang I.-C., Tsai Y.-P., Lin Y.-J., Chen J.-H., Hsieh C.-H., Hung S.-H., Chang C.-Y. (2017). Using functional Magnetic Resonance Imaging (fMRI) to analyze brain region activity when viewing landscapes. Landscape and Urban Planning, 162, 137–144.
Taylor, A. F., Kuo, F. E., (2011), Could Exposure to Everyday Green Spaces Help Treat ADHD? Evidence from Children’s Play Settings, Applied psychology: Health and well-being, 3 (3), 281–303.
Tyrväinen L., Ojala A., Korpela K., Lanki T., Tsunetsugu Y., Kagawa T. (2014). The influence of urban green environments on stress relief measures: A field experiment. Journal of Environmental Psychology, 38, 1–9.
Ulrich, R. S. (1979). Visual landscapes and psychological well-being. Landscape Research, 4(1), 17–23.
Ulrich R. S. (1983). Aesthetic and affective response to natural environment. In Altman I., Wohlwill J. F. (Eds.), Behavior and the natural environment (pp. 85–125). Boston, MA: Springer US.
Ulrich R. S., Simons R. F., Losito B. D., Fiorito E., Miles M. A., Zelson M. (1991). Stress recovery during exposure to natural and urban environments. Journal of Environmental Psychology, 11(3), 201–230.
Valtchanov D., Barton K. R., Ellard C. (2010). Restorative effects of virtual nature settings. Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking, 13(5), 503–512.
Valtchanov D., Ellard C. (2010). Physiological and affective responses to immersion in virtual reality: Effects of nature and urban settings. Journal of Cyber Therapy and Rehabilitation, 3(4), 359–373.
Watson, D., Clark, L. A., & Tellegen, A. (1988). Development and validation of brief measures of positive and negative affect: The PANAS scales. Journal of Personality and Social Psychology, 54(6), 1063–1070.
White M., Smith A., Humphryes K., Pahl S., Snelling D., Depledge M. (2010). Blue space: The importance of water for preference, affect, and restorativeness ratings of natural and built scenes. Journal of Environmental Psychology, 30(4), 482–493.
White M. P., Pahl S., Ashbullby K., Herbert S., Depledge M. H. (2013). Feelings of restoration from recent nature visits. Journal of Environmental Psychology, 35, 40–51.
Wilkie S., Stavridou A. (2013). Influence of environmental preference and environment type congruence on judgments of restoration potential. Urban Forestry & Urban Greening, 12(2), 163–170.
Wilson, E. O. (1984). Biophilia. Cambridge, MA: Harvard University Press.
[1] Questo termine si può conisderare equivalente ad “attrattiva”
[2] rispetto ad elementi sgradevoli
[3] ad esempio, fuoco e tramonto.