Anno 2020 anno 15

CYBERBULLYING: RASSEGNA SUI PROGRAMMI DI INTERVENTO EVIDENCE-BASED

Riassunto

Obiettivi. Alla luce della diffusione rapida del cyberbullying, anche durante l’attuale pandemia, il presente articolo si pone l’obiettivo di esaminare e analizzare nella recente letteratura scientifica in- ternazionale, studi con programmi d’intervento con prove d’efficacia, in grado di prevenire o ridur- re il cyberbullying. Lo scopo è di presentare una revisione sistematica di tali interventi, mostrando un quadro scientifico sullo stato di avanzamento degli interventi efficaci, poiché finora la ricerca mostra più studi con programmi d’intervento efficaci sul bullismo.

Metodo. La ricerca, che ha utilizzato i database elettronici Scopus e PubMed, ha preso in conside- razione gli articoli pubblicati negli ultimi 10 anni, selezionati sulla base dei seguenti criteri: studi aventi per oggetto un programma d’intervento sul cyberbullying; con disegni controllati randomiz- zati (RCT o quasi-RCT); con un follow-up; con campione esteso (N ≥ 100) nel caso di studenti; con campione meno esteso (N<100) nel caso di destinatari diversi (es: insegnanti, counselor scolastici).

Risultati. La rassegna evidenzia l’efficacia degli interventi in ambiente scolastico o universitario, con un orientamento volto a prevenire il cyberbullying, attraverso la sensibilizzazione, promuoven- do l’educazione digitale per l’uso responsabile di internet, training sull’empatia, sulle competenze sociali e comunicative, sulle abilità di coping, interventi focalizzati all’aumento del senso di autoef- ficacia, coinvolgendo anche genitori e insegnanti.

Discussione. Gli studi inclusi nella rassegna hanno confermato l’efficacia dei programmi d’inter- vento sul cyberbullying e molti studi concordano sulla necessità d’interventi diretti non solo agli studenti, ma anche agli altri attori sociali coinvolti come genitori, insegnanti e personale scolastico. Studi futuri di prevenzione del cyberbullying dovrebbero includere approcci anche di tipo indivi- duale specifici per gli attori già coinvolti ed è necessario implementare programmi d’intervento e studi che forniscano alle scuole e ai ragazzi strumenti e strategie più efficaci per un uso di internet consapevole e funzionale.

Parole chiaveCyberbullying, prevenzione cyberbullying, interventi scolastici, programmi evidence-based

Abstract

Aims. In light of the rapid spread of cyberbullying even during the current pandemic, the research question posed in this article has been to examine and analyze the effectiveness of several studies – belonging to the recent international literature – which aims to reduce or prevent cyberbullying through specific intervention programs. The aim of this examination is to carry a systematic review of the abovementioned interventions , showing a scientific framework on the progress of the effective ones as the research so far shows more studies with effective intervention programs on bullying.

Method. The research, using, the Scopus and PubMed electronic database, considered articles published in the last 10 years, based on the following criteria: • the studies must focus on an intervention program on cyberbullying; the studies must have an RCT or almost RCT design; the studies must provide a followup; the sample must be equal to or greater than (N ≥ 100) – if it is composed of student recipients- and equal or minor than (N<100) if it is composed of other recipients (teachers, school counselors).

Results. This review highlights the effectiveness of interventions in a school or university environment, oriented to prevent cyberbullying. This goal is achieved by promoting digital education for the responsible use of the Internet; training students on empathy as well as social, communication, and coping skills to deal with relevant episodes; increasing the sense of self- efficacy; involving parents and teachers.

Discussion. The studies included in the review have confirmed the effectiveness of the cyberbullying intervention programs and many of them agree on the need for direct interventions not only to students 24 but also to the other social actors involved such as parents, teachers, and school staff. Future cyberbullying prevention studies should also include specific individual approaches for the actors already involved and it is necessary to implement the studies to provide schools and children with more effective tools and strategies for using the internet in a more functional way.

Key words: Cyberbullying, cyberbullying prevention, school interventions, evidence based programs

1.INTRODUZIONE

Il termine cyberbullying è stato coniato per la prima volta nel 2002 dall’educatore canadese Bill Belsey (citato da Chiapasco & Cario, 2014, p. 1) e poi ripreso da Smith, Mahdavi, Carvalho e Tippet (2006), che ne hanno proposto una definizione in stretta relazione con la definizione di bullismo “tradizionale”. Pertanto, il cyberbullying viene definito come quella forma di prevaricazione volontaria e ripetuta nel tempo, attuata mediante uno strumento elettronico, perpetrata contro un singolo o un gruppo con l’obiettivo di ferire e mettere a disagio il bersaglio, per lo più impossibilitato a difendersi (Smith et al., 2006).

La natura mediatica del cyberbullying comporta alcune differenze rispetto al bullismo tradizionale: si aggiunge il riferimento alle nuove tecnologie come strumento delle aggressioni. Il materiale oggetto delle violenze può essere diffuso in tutto il mondo ed è difficile che venga rimosso o eliminato; chiunque può vedere, commentare e condividere a sua volta il contenuto. Si rinforza in questo modo, ulteriormente, la sensazione di impotenza della vittima e lo sbilanciamento di potere tra gli attori coinvolti. Nel bullismo tradizionale gli spettatori sono ristretti ai compagni che sono presenti al momento dell’attacco e che assistono all’episodio (Menesini, Nocentini & Palladino, 2017). Inoltre, mentre nel bullismo le aggressioni sono circoscritte al contesto scolastico e le vittime, una volta tornate a casa, si sentono al sicuro, nel cyberbullying le violenze possono non finire mai in quanto la dimensione spazio-temporale è potenzialmente illimitata e le vessazioni continuano 24 ore su 24.

Un’altra caratteristica è costituita dall’anonimato dell’aggressore che non è più identificabile con uno studente con il quale si è costruita una relazione, ma può essere sia una persona nota che si nasconde dietro all’anonimato oppure uno sconosciuto; in entrambi i casi la vittima non è in grado di risalire all’identità di colui con cui interagisce. La percezione di anonimato e invisibilità presunta stimola nel cyberbullo un’alta disinibizione al punto da manifestare comportamenti che nella vita reale probabilmente eviterebbe di mostrare.

La natura indiretta del cyberbullying rende difficile poter valutare l’intenzionalità o la natura reattiva dell’attacco. Il cyberbullo non ha un riscontro diretto e immediato degli effetti del proprio comportamento sulla vittima e ciò determina una riduzione dell’empatia e del senso di colpa (Sourander et al., 2010). Per quanto riguarda la stabilizzazione del ruolo sociale ricoperto, alcune ricerche (Ybarra & Mitchell, 2004) hanno evidenziato che mentre nel bullismo solo il bullo, il gregario e il bullo-vittima (vittima provocatrice) agiscono prepotenze, nel cyberbullying, chiunque, anche chi è vittima nella vita reale o ha un basso potere sociale, può diventare un cyberbullo. È bene però precisare che Raskauskas e Stoltz (2007), in una loro ricerca, hanno verificato che molte cybervittime sono anche vittime di bullismo tradizionale e molti cyberbulli sono anche bulli nella vita reale, mettendo, dunque, in discussione l’iniziale tesi di Ybarra e Mitchell.

I dati italiani, relativi al progetto DAPHNE II, promosso dall’Unione Europea, mostrano come l’incidenza del fenomeno nel nostro paese sia in linea con il panorama internazionale. È stato preso in considerazione un campione di 2000 studenti di età compresa tra 12 e 17 anni, il 13% ha dichiarato di essere stato vittima di cyberbullying negli ultimi due mesi (Genta, Brighi & Guarini, 2009). A distanza di due anni, il progetto ECIP-DAPHNE II, evidenzia un decisivo aumento del fenomeno in Italia. Il 25% dei 1.960 ragazzi ha dichiarato di aver subito episodi di cyberbullying da due a più volte al mese (Genta, Brighi & Guarini, 2013).

Prendendo in considerazione la variabile età sia dei cyberbulli che delle cybervittime, si assiste ad un incremento del fenomeno nel passaggio dalla scuola media inferiore a quella superiore, in generale un coinvolgimento maggiore da parte degli adolescenti rispetto ai più piccoli (Ybarra et al., 2004; Slonje & Smith, 2008). Ricerche più recenti (Slonje, Smith & Frisen, 2013) confermano che l’età maggiormente coinvolta nel fenomeno è quella adolescenziale, con un picco notevole intorno ai 13-15 anni.

Slonje e Smith (2008) affermano che, nel complesso il cyberbullying e il bullismo tradizionale sembrano avere lo stesso impatto negativo sulle vittime. Tuttavia, alcune caratteristiche del cyberbullying come l’anonimato dell’aggressore, il silenzio della vittima e l’imbarazzo causato da un pubblico potenzialmente illimitato contribuiscono a rendere particolarmente preoccupante il fenomeno.

Diversi studi hanno dimostrato che a livello psicologico il cyberbullying è associato ad ansia, soprattutto sociale, e depressione (Ortega et al., 2012), ma anche bassa autostima (Katzer, Fetchenhauer & Belschak, 2009), ideazione suicidaria e tentati suicidi, disturbo post traumatico da stress (Vaillancourt, Faris & Mishna, 2017), insorgenza di sintomi somatici come mal di testa, mal di stomaco, vertigini, vampate di calore o palpitazioni cardiache (Vieno et al., 2015). I sintomi somatici sono particolarmente rilevanti nel contesto scolastico perché possono portare all’assenteismo e a basse prestazioni scolastiche (Katzer et al., 2009), inoltre interferiscono profondamenteconlaqualitàdellavitaquotidianaeconlerelazionifamiliari(Varni etal.,2015)a causa di un maggior uso di tabacco, alcool e droghe (Betts, 2016). Tutte queste conseguenze negative possono anche essere subite dagli autori, in particolare in coloro che sono sia vittime che bulli (Sourander et al., 2010). Le ricerche hanno dimostrato che il fenomeno del cyberbullying è presente anche tra gli studenti universitari, nei quali si riscontrano problemi di salute mentale come quelli riportati in età scolare, oltre a conseguenze specifiche come stress, irritabilità, impotenza, solitudine, disturbi del sonno e difficoltà a mantenere la concentrazione (Cassidy, Faucher & Jackson, 2017; Musharraf & Lewis, 2018).

Sebbene spesso vi sia una sovrapposizione tra fattori di rischio e fattori protettivi legati al cyberbullying, negli ultimi anni sono aumentate le ricerche condotte per poterli identificare, anche se molti di questi sono condivisi con il bullismo (Ansary, 2020). Swearer e Hymel (2015), hanno elaborato il modello socio-ecologico diatesi-stress secondo il quale il coinvolgimento nel bullismo è determinato dall’interazione tra fattori ambientali (famiglia, scuola, vicinato ecc.) della vita di un bambino/adolescente, il rischio individuale (vulnerabilità) e i fattori protettivi. Per quanto riguarda la vittimizzazione, tra i fattori di rischio individuali vi sono bassa autostima, bassa empatia, alti livelli di ansia ed essere già stati vittima di bullismo (Kowalsky, Limber & McCord, 2019). Invece, coloro che mettono in atto cyberbullying riportano maggiori atteggiamenti positivi verso i comportamenti di bullismo on-line, spesso hanno un alto livello di disimpegno morale (Bandura, 1999), bassi livelli di empatia e autostima, ma anche alti livelli di impulsività (Kowalsky et al., 2019).

Vi sono invece alcuni fattori protettivi individuali e sociali che riducono la probabilità di essere coinvolti nel cyberbullying come un’alta autostima (Kowalsky et al., 2019), alti livelli di competenza sociale e capacità di regolare le emozioni (Zych, Farrington & Ttofi, 2019). Uno dei fattori individuali principali che riduce la probabilità di mettere in atto comportamenti aggressivi on-line è un alto livello di empatia (Casas, Del Rey & Ortega-Ruiz, 2013). Tra le varie strategie di coping utilizzate dalle vittime di cyberbullying per proteggersi dalle insidie del mondo tecnologico (Menesini et al., 2019) il supporto sociale ha un ruolo cruciale nella richiesta di aiuto delle vittime (Dooley, Gradinger, Strohmeier, Cross & Spiel, 2010), infatti quest’ultima risulta come la strategia di risoluzione dei problemi più efficace contro il cyberbullying (Palladino, Nocentini & Menesini, 2012). Tuttavia, chi è coinvolto in un episodio di cyberbullying, sia esso vittima o bullo, spesso ha difficoltà a parlare con qualcuno (Menesini et al., 2019). Diversi studi hanno mostrato che le vittime si sentano più a loro agio nel parlare del problema a genitori e amici piuttosto che con professionisti percepiti più distanti (Perren, Dooley, Shaw e Cross, 2010), ed è più probabile che le vittime riferiscano quanto subito se percepiscono le fonti di aiuto disponibili come altamente competenti per gestire l’accaduto (Novick & Isaacs 2010). Una review di Ansary, Elias, Greene e Green (2015), ha evidenziato il ruolo chiave degli insegnanti, infatti i docenti dovrebbero essere maggiormente formati con dei training formativi, in quanto l’interazione tra clima scolastico favorevole e sicuro e l’influenza dei pari è individuata come fattore protettivo contro il bullismo (Zych, Farrington, Llorent & Ttofi, 2017).

L’impatto del cyberbullying sulla salute mentale e sul benessere psicologico ha determinato l’aumento dei programmi di intervento preventivo primario soprattutto nelle scuole (Barkoukis, Lazarus, Ourda & Tsorbatzoudis, 2015; Patchin & Hinduja, 2012), dato l’impatto che la scuola e le relazioni che gli adolescenti instaurano in questo contesto svolgono un ruolo importante nello sviluppo socio-emotivo durante l’adolescenza (Kidger, Araya, Donovan & Gunnel, 2012).

Sebbene alcuni autori abbiano individuato effetti scarsi o moderati dei programmi preventivi nel contesto scolastico (Slonje et al., 2013; Wölfer, Schultze-Krumbholz, Zagorscak, Jakel, Gobel & Scheithauer, 2014), in quanto solo pochi programmi preventivi sono stati concettualizzati adottando solidi quadri teorici (Tokunaga, 2010; Slonje et al., 2013; Tanrikulu, 2018), altre evidenze hanno mostrato l’efficacia dei programmi di prevenzione del cyberbullying nel ridurre sia il fenomeno sia la vittimizzazione on-line (Gaffney, Farrington, Espelage & Ttofi, 2019). Infatti, meta-analisi di Zych, Ortega-Ruiz e Del Rey (2015) e di Hutson, Kelly e Militello (2018); hanno evidenziato che l’interazione tra componenti come l’educazione digitale per l’uso responsabile di internet, l’insegnamento di strategie di coping per fronteggiare gli episodi di cyberbullyingtraining sull’empatia e sulle competenze sociali e comunicative, determina una riduzione del cuberbullying o della vittimizzazione. Inoltre, i programmi risultano efficaci se prevedono l’inclusione dei genitori, attraverso una formazione mirata sul tema.

L’attenzione al fenomeno del cyberbullying, è tornata a farsi sentire con urgenza nei primi mesi del 2020, quando il mondo intero è stato in piena emergenza per la diffusione rapida del virus COVID-19. La quarantena e le misure di allontanamento a cui la maggior parte della popolazione mondiale è stata chiamata, hanno costituito fattori di rischio per problemi di salute mentale, tra cui il suicidio, lo stress, il gioco d’azzardo, l’abuso di alcool, l’abuso domestico e infantile, ma anche per fenomeni psicosociali come cyberbullying, lutto, rottura di relazioni, stress economico, disoccupazione (Holmes et al., 2020). Durante la pandemia, l’OMS (6 marzo 2020), ha sottolineato l’importanza della connessione in rete che, date le raccomandazioni delle autorità sul limitare il contatto fisico, permette di mantenere la routine e il contatto sociale via e-mail, social media, videoconferenza e telefono, anche in caso di isolamento sociale. Le disposizioni sulle necessità di limitare il contatto fisico hanno fatto sì che in tutto il mondo siano più di 1,5 miliardi i bambini e giovani colpiti dalla chiusura delle scuole che passano sempre più tempo davanti agli schermi, sia sui social media sia per i programmi scolastici e per l’apprendimento (Cyberbullying.com, 2020). Tutto questo ha determinato un rovescio della medaglia (Fondazionecarolina.org, 2020): è stato infatti riscontrato un aumento del fenomeno del cyberbullying e della vittimizzazione on-line attraverso commenti, post e messaggi on-line su numerose app, in un momento in cui i ragazzi sono già affetti da ansia e stress aumentati a causa di confinamento, malattia o disoccupazione nella famiglia (Cyberbullying.com, 2020). Inoltre, sono aumentati atti di cyberbullying razzista nei confronti degli asiatici, accusati di essere portatori del COVID-19, ritenuto un “virus straniero” (Cyberbullying.com, 2020). In Italia, la Fondazione Carolina, da anni attiva nella lotta contro il bullismo e il cyberbullying, ha comunicato i dati allarmanti: solo nel mese di marzo 2020 sono giunte 278 segnalazioni di episodi legati all’uso distorto della rete rispetto a una media di 50 segnalazioni mensili. Queste segnalazioni riguardano atti di cyberbullying sia tra pari ma anche nei confronti degli insegnanti durante la didattica a distanza).

Alla luce di tali considerazioni si rende necessario mettere a punto azioni mirate che vadano a prevenire e contrastare un fenomeno che sembra non avere confini. Di qui l’urgenza di individuare nel panorama della recente letteratura studi che abbiano stimato l’efficacia delle iniziative in tal senso per comprendere quali possano essere le azioni elettive che dotino le scuole, e in generale i ragazzi, di strumenti e strategie fattivamente incisive per un uso consapevole e positivo di internet (Menesini et al., 2019).

2. OBIETTIVI DI RICERCA

Nonostante molti studi ribadiscano l’efficacia di alcuni programmi di prevenzione, mettendo in luce le componenti sulle quali agire, altri sembrano frenare entusiasmi in tal senso. Quindi, all’interno di questo dibattito, il presente articolo si pone l’obiettivo di esaminare e analizzare la recente letteratura internazionale al fine di valutare gli studi che propongono programmi che hanno dato prova di efficacia indirizzati a prevenire o ridurre il cyberbullying. Poiché gran parte della letteratura sulla prevenzione del cyberbullying si è concentrata sul ruolo delle scuole nella prevenzione primaria (Barkoukis et al., 2015; Patchin et al., 2012), si è deciso di focalizzarsi sui programmi di intervento attuati nel contesto scolastico e universitario.

3.STRATEGIA DI RICERCA,CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE

Gli studi che propongono programmi indirizzati a prevenire o ridurre il cyberbullying sono stati identificati tramite ricerche bibliografiche in banche dati elettroniche e motori di ricerca, attraverso l’uso di parole chiave ed esaminando la bibliografia di articoli. Questi sono stati sottoposti a una valutazione successiva in base a criteri di inclusione ed esclusione. Non sono stati applicati limiti relativi alla lingua di pubblicazione e gli articoli in lingua straniera sono stati tradotti.

3.1 Strategia di ricerca

Gli studi sono stati individuati effettuando una ricerca sui seguenti database: Scopus (Elsevier), PubMed/Medline (1966-presente).
La ricerca bibliografica degli studi che propongono programmi che hanno dato prova di efficacia

indirizzati a prevenire o ridurre il cyberbullying è stata effettuata su articoli pubblicati negli ultimi 10 anni, dal 2010 ad oggi. L’ultima ricerca è stata condotta a marzo 2020.

Su ogni database è stata effettuata una ricerca utilizzando le seguenti parole chiave: efficacy AND cyberbullying AND interventionefficacy AND cyberbullying AND preventionevidence-based AND intervention AND cyberbullying.

3.2 Criteri di inclusione ed esclusione

Sono stati scelti quali criteri di inclusione i seguenti: articoli pubblicati dal 2010 al 2020; studi aventi per oggetto un programma d’intervento sul cyberbullying; studi con disegni controllati ran- domizzati (RCT o quasi-RCT); studi con un follow-up; studi con campione esteso (N ≥ 100) nel caso di studenti; studi con campione meno esteso (N<100) nel caso di destinatari diversi dagli stu- denti (ad es: insegnanti, counselor scolastici).

Sono stati adottati i seguenti criteri di esclusione: assenza di un programma d’intervento sul cy- berbullying; assenza di un disegno controllato randomizzato; numerosità campionaria ridotta (N < 100 se studenti); assenza di un follow-up.

Sono stati identificati complessivamente 56 articoli, di cui 37 identificati sul database Scopus e 19 su PubMed/Medline. Dopo l’eliminazione dei duplicati (n = 9), i restanti articoli (n = 47) sono stati sottoposti a screening sulla base del titolo e dell’abstract. Da questa prima cernita sono stati esclusi 23 articoli non conformi ai criteri stabiliti; tali studi esplorano principalmente il comportamento de- gli astanti negli episodi di cyberbullying; valutano percezioni, atteggiamenti, opinioni su probabili interventi; indagano il rapporto tra cybervittimizzazione e stima del corpo; esplorano solo il bulli- smo.

I 24 articoli restanti sono stati valutati per l’eleggibilità, secondo i criteri di inclusione prima defi- niti. Successivamente sono stati selezionati 8 articoli, di cui un programma d’intervento rivolto a counselor scolastici di scuole secondarie pubbliche (Altundağ & Ayas, 2020), due rivolti a studenti universitari (Leung, Wong & Farver, 2019; Doane, Ehlke & Kelley, 2020), e i restanti indirizzati a studenti di scuola secondaria (Cross et al., 2016; Palladino et al., 2016; Ferrer-Cascales, Albalade- jo-Blazquez, Sanchez- SanSegundo, Portilla-Tamarit, Lordan & Ruiz-Robledillo, 2019; Sorrentino et al., 2018; Zagorscak et al., 2019).

Sono stati esclusi 16 articoli per assenza di un programma d’intervento sul cyberbullying (Musharraf, Bauman, Anis-ul-Haque & Malik, 2019; Menesini et al., 2019; Ansary, 2020); assenza di un follow-up (Roberto, Eden, Savage, Salazar & Deiss, 2014; Gkiomisi, Gkrizioti, Gkiomisi, Ana- stasilakis & Kardaras, 2016; Savage, Douglas, Roberto & Aboujaoude, 2017; Ingram, Espelage, Merrin, Valido, Heinhorst & Joyce, 2018; Guarini, Menin, Menabo & Brighi, 2019; Buils, Miedes & Oliver, 2020); per entrambi i motivi nominati precedentemente (Trompeter, Bussey & Fitzpa- trick, 2017; Zsila, Urban, Griffiths & Demetrovics, 2018; Vieira da Veiga Simao, Ferreira, Mateus Francisco, Paulino, Bezerra de Souza, 2018); assenza di un disegno di controllo randomizzato (Cross, Lester, Barnesa, Cardoso & Hadwen, 2015); numerosità campionaria ridotta (Niels, Jacobs, Vollink, Dehue & Lechner, 2014); assenza di un disegno controllato randomizzato e assenza di un programma d’intervento (Ferreira, Veiga Simao, Paiva & Ferreira, 2015); assenza di un disegno controllato randomizzato e assenza di un follow-up (Mehari, Moore, Waasdorp, Varney, Berg & Leff, 2018).

Di 8 articoli si è tenuto però conto nella stesura dell’introduzione e della conclusione finale (Fer- reira et al., 2015; Trompeter et al., 2017; Zsila et al., 2018; Vieira da Veiga Simao et al., 2018; Mehari et al., 2018; Ingram et al., 2018; Menesini et al., 2019; Ansary, 2020).

Il diagramma schematico del lavoro di screening, effettuato seguendo le indicazioni del PRISMA (statement for reporting systematic reviews and meta-analyses of studies that evaluate health care interventions) (Moher, Liberati, Tezlaff & Altman, 2009), è riportato di seguito (Fig.1).

Fig.1 Diagramma di flusso relativo ai passi della revisione sistematica

3.3 Sistema di codifica

Gli studi selezionati sono stati analizzati e riportati secondo uno schema di codifica costituita da 11 voci volte a indagare: fonte (titolo, autori, anno), paese, scopo, campione, variabili indagate, strumenti di rilevazione, sessioni (numero, durata, organizzazione), teoria di riferimento, disegno RCT o quasi RCT, periodo di follow-up, principali risultati ottenuti.

Alla voce Fonte sono stati riportati gli autori e l’anno di pubblicazione dell’articolo; alla voce Campione sono stati sintetizzati i dati relativi ai destinatari dell’intervento: numero dei soggetti, età media e modalità di reclutamento del campione. Sotto Variabili indagate sono state incluse le principali variabili in oggetto degli interventi, valutate con gli Strumenti, elencati alla voce successiva. Sono state poi prese in considerazione le Sessioni, con specifica indicazione del numero di incontri, della durata e dell’eventuale organizzazione degli stessi; la Teoria di riferimento nonché i principi teorici alla base degli interventi; alla voce Disegno RCT o quasi RCT è stato riportato il disegno sperimentale utilizzato, specificando la modalità di divisione del campione in gruppo intervento e gruppo di controllo. È stata poi inserita la durata del Periodo di follow-up, in modo da specificare il tempo intercorso tra la fine dell’intervento e la rilevazione dei cambiamenti a medio- lungo termine. Sono stati infine riassunti i Principali risultati ottenuti dagli interventi, in modo da fornire una panoramica generale degli effetti più rilevanti che gli stessi hanno registrato.

I dati sono riportati sinteticamente nella tab. 1 alla pagina seguente.

Autori, anno, titoloPaeseScopoCampioneVariabili indagateStrumenti di rilevazioneSessioni: numero, durata,
organizzazione
Teoria di riferimentoDisegno RCT o quasi RCTPeriodi di follow-upPrincipali risultati ottenuti
Zagorscak, P., Schultze-
Krumbholz, A., Heinrich, M., Wölfer, R. & Scheithauer, H.

2019

Efficacy of Cyberbullying Prevention on
Somatic Symptoms – Randomized Controlled Trial applying a Reasoned Action Approach
GermaniaValutare l’efficacia, negli
adolescenti, di un programma di prevenzione del cyberbullismo e dei sintomi somatici ad esso collegati. Il programma, denominato “Media Heroes”, è stato erogato per un lungo periodo: long intervention group (IG-L = 10 settimane consecutive) e per un breve periodo: short intervention group (IG-S = solo 4 sessioni).
N= 722 studenti
appartenenti a 5 scuole
Età media= 13,4;
F= 52% del campione
Comportamento legato al
cyberbullismo
Atteggiamen
ti legati al cyberbullismo
Norme soggettive sul cyberbullismo
Sintomi somatici
European Cyberbullying
Intervention Project Questionnaire (ECIPQ; DAPHNE; Del Rey et al.,
2015),

Bern Well- Being
Questionnaire for Adolescents
(Grob et al., 1991)

Questionari di Lazuras, Barkoukis,
Ourda & Tsorbatzoudis (2013)
Prima sessione Gennaio 2011.

Programma “Media Heroes”
erogato tra febbraio e aprile 2011:

1) Long Intervention Group (IG-L)

2) Short Intervention Group (IG-S)

3) Control Group (CG).

Questionari post-intervento
effettuati 6 mesi dopo (Novembre- Dicembre 2011)
Theory of Reasoned
Action
(ToRA) (Fishbein and Ajzen, 1975)
RCT

Studio controllato
randomizzato, no doppio cieco.
3 gruppi: IG-L, IG-S, CG.
Follow up a 6 mesiSei mesi dopo l’intervento, gli studenti appartenenti alla
condizione IG-L del programma “Media Heroes”, riportavano una riduzione dei comportamenti legati al cyberbullismo e una riduzione dei sintomi somatici, rispetto agli studenti della condizione di
controllo (CG);

Sono state individuate delle correlazioni tra
cyberbullismo, atteggiamenti e norme soggettive in tutte le condizioni sperimentali; evidenziando come, atteggiamenti e norme soggettive positivi e favorevoli, sono associati ad una minor attuazione di cyberbullismo.

É stata individuata una correlazione positiva tra cyberbullismo e sintomi
somatici, dimostrando che al diminuire dei comportamenti legati al cyberbullismo vi sono meno sintomi somatici.
Cross D., Shaw T.,
Hadwen K., Cardoso P., Slee P., Roberts C., Thomas L., & Barnes A.

2016

Longitudinal Impact of the Cyber Friendly
Schools Program on Adolescents’ Cyberbullying Behavior
AustraliaValutare il programma
scolastico
“Cyber Friendly Schools” (CFS) (programma di studio randomizzato prospettico di gruppo) diretto a tutta la scuola con l’ obiettivo di ridurre il cyberbullismo, mediante la promozione di comportamenti positivi negli adolescenti, e attraverso un approccio di minimizzazione del danno.
N = 3.382 studenti

Età = 13 anni (87% di quelli
ammissibili)
Cybervittimizzazione

Perpetuazione del cyberbullismo
Cyberbullyin g scales (Smith,
Mahdavi, Carvalho & Tippett, 2006)
Formazione degli insegnanti (N 190);

Creazione del gruppo “Pastoral
Care” per scoraggiare il cyberbullismo;.

Presenza di studenti “Cyber
Leader” (età 15 anni);Formazione dei 4-6 dirigenti informatici per 10
h;

Utilizzo di risorse on-line per
aumentare la consapevolezza dei genitori sulle tecnologie utilizzate dai
figli; Creazione del
sito Web CFS Con nove moduli
on-line.
Systemic
Socio-ecological Approach (Bronfenbre nner, 1995)
RCTFollow up a 12 mesiLa maggior parte degli studenti non è stata coinvolta
in comportamenti di cyberbullismo.
Inoltre, raramente gli studenti sono stati coinvolti, esposti o hanno messo in atto
questi comportamenti.

Le probabilità sia dell’esposizione che della
perpetrazione del comportamento di cyberbullismo, tendevano a diminuire attraverso i punti temporali, mentre la tendenza era quella di aumentare l’esposizione/ perpetrazione per le persone
coinvolte.

Il programma è stato associato ad una riduzione
più marcata delle probabilità di cyber vittimizzazione e di cyber perpetrazione, di violenze on-line, dal pre- intervento alla prima raccolta di dati post- intervento; ma non per il
periodo successivo.
Leung, A. N. M., Wong, N., & Farver J. M.

2019

Testing the Effectiveness
of an E-Course to Combact Cyberbullying
inaValutare l’efficacia del programma E-
Course
Sensibilizzare
gli studenti universitari sul cyberbullismo

Favorire un comportamento finalizzato ad aiutare le vittime di cyberbullismo e promuovere un senso di autoefficacia per intervenire e combattere il fenomeno.
N = 144 studenti
universitari

Età media 21,05
F = 118,
M = 26.

1) Gruppo sperimentale (GS): (N = 76)

2) Gruppo di controllo (GC):
(N = 66)
Al T1 questionari
per valutare il tempo trascorso sul network e per valutare l’eventuale coinvolgiment o precedentenel
cyberbullismo ;
Al T1 e T2: Cyberbullyin
g Awareness Scale (Brewer, 2010),
2 Scale Likert a 7
punti (Fishbein e Ajzen,
Al T1 questionari
per valutare il tempo trascorso sul network e per valutare l’eventuale coinvolgiment o precedentenel
cyberbullismo;

Al T1 e T2: Cyberbullyin
g Awareness Scale (Brewer, 2010),
2 Scale Likert a 7
punti (Fishbein e Ajzen, 2011), per valutare l’intenzione di aiutare le vittime di cyberbullismo e il controllo comportament ale
percepito,.

Scala Likert
a 7 punti (Schwarzer e Jerusalem, 1995), per valutare autoefficacia per combattere il cyberbullismo,

Scala Likert
a 7 punti (Koon, 2013), per valutare la probabilità di intervento comportament ale nel cyberbullismo.
1) Gruppo sperimentale
(GS): partecipava al programma E- Course “moodle”, 2 sessioni on-line di 15 minuti a settimana, per un totale di 3 settimane (,con diversi obiettivi da raggiungere: attivare le supposizioni attuali sul cyberbullismo, sfidare le supposizioni sul cyberbullismo, riflettere e consolidare il cambiamento del concetto di cyberbullismo

2) Gruppo di controllo (GC): partecipava a 2
lezioni on-line sul cyberbullismo di 15 minuti a settimana per 3
settimane.
Con structivist
Learning Theory
(Kelly, 1955)
Follow up a 5 settimaneIn seguito ad analisi “tra i gruppi”, i risultati hanno
mostrato che gli studenti del gruppo sperimentale (GS), hanno ottenuto punteggi migliori e più alti nei 5 questionari a T2 rispetto al gruppo di controllo (GC), evidenziando l’efficacia del
programma E-Course.

Risultati simili si ottengono anche in seguito ad analisi
“entro i gruppi”, in quanto i soggetti del gruppo sperimentale (GS) hanno ottenuto migliori punteggi a T2 rispetto a T1 in tutti i questionari tranne nella probabilità di intervento nel cyberbullismo, che rimane
stabile.

I risultati evidenziano come un programma E-
Course, che si basa
sull’apprendimento costruttivista, può favorire comportamenti prosociali e prevenire il cyberbullismo.
Palladino B. E.,
Nocentini A., & Menesini
E.

2016

Evidence- Based Intervention Against Bullying and Cyberbullying: Evaluation of the No Trap! Program in Two Independent Trials
ItaliaValutare l’efficacia della terza edizione del programma
“NoTrap!” , un intervento scolastico che utilizza un approccio guidato da pari per prevenire e combattere bullismo e cyberbullismo
1°studio
2011/2012

N = 622 studenti
adolescenti primo anno di scuola superiore

età = 14/15 anni
appartenenti a diverse scuole di Firenze, Lucca e province

2°studio
2012/2013

N = 461 studenti
adolescenti
Vittimizzazione

Bullismo

Cybervittimizzazione

Cyberbullismo
Florence Bullying-
Victimization Scales
(Palladino, 2013)

Florence Ciberbullying/ Cybervictimiza
tion Scales (Palladino, Nocentini, &
Menesini, 2015)
Valutazione
iniziale e somministrazione questionari (Novembre)

Training insegnanti

Avvio del programma

Reclutamento
di volontari educatori tra pari

Training per educatori tra pari
Valutazione a metà studio
(Febbraio)

Attività di Peer education

Intervento di educatori tra pari
on-line

Valutazione finale (Maggio-
Giugno)
Modello Evidence
based
Peer education
Quasi RCTFollow up a 6 mesiLo studio integra le conoscenze precedenti e
fornisce alcuni suggerimenti alle ricerche e ai professionisti, per migliorare la qualità degli interventi anti-bullismo e anti-
cyberbullismo.

Nella prima prova, l’intervento ha predetto
significativamente il cambiamento nel tempo in tutte le variabili target (vittimizzazione, bullismo, cybervittimizzazione e cyberbullismo). Sono stati inoltre
riscontrati effetti a lungo termine al follow-up 6 mesi dopo.

Nella seconda prova è stato esaminato l’effetto
moderatore del genere e si è verificata una riduzione nel tempo di bullismo e cyberbullismo (pre e post test) nel gruppo sperimentale (GS) ma non nel gruppo di controllo (GC), e questa riduzione è stata simile per ragazzi e ragazze.
Sorrentino A., Baldry A.
C., & Farrington D. P.

2018

The Efficacy of the Tabby Improved Prevention and Intervention Program in Reducing Ciberbullying and Cybervictimiza tion among Students
ItaliaPresentare i risultati della
valutazione del
Tabby Improved Prevention and Intervention Program (TIPIP), per il cyberbullismo e la cybervittimizzazi one.

TIPIP è teoricamente progettato per eliminare cyberbullismo e cybervittimizzazi one
N = 759 studenti

Età = 10-17 anni

1) Gruppo sperimentale
(GS):
(N 20 classi)

2) Gruppo di Controllo (GC): (N 29 classi).
Cyberbullismo

Cybervittimizzazione
Tabby Improved
Checklist,
questionario on-line self-report
Formazione degli insegnanti
( una volta a settimana per 3 settimane)

Conferenze scolastiche con i genitori

Materiale on-line per studenti, insegnanti e
genitori

Attività in classe con gli
studenti.
Ecological System
Theory (EST) (Bronfenbrenner, 1979)

Threat Assessment
Approach (TAA)
(Borum, Fein,
Vossekuil,
Berglund, 1999; Fein, Vossekuil, Holden, 1995)
RCTFollow up a 6 mesiRipetute misure ANOVA hanno mostrato una
significativa diminuzione sia nel cyberbullismo che nella cybervittimizzazione tra studenti che hanno ricevuto l’intervento con un periodo
di follow up a 6 mesi.

Il programma è stato più efficace per i ragazzi che per
le ragazze.
Ferrer- Cascales R., Albaladejo- Blázquez N.,Sánchez- SanSegundo M.,
Portilla- Tamarit I.,
Lordan O., & Ruiz-Robledillo N.

2019

Effectiveness of the TEI Program for Bullying and Cyberbullying Reduction and School Climate Improvement
SpagnaValutare l’efficacia del
programma TEI (Tutoría Entre Iguales), “Tutoraggio tra pari”, un intervento basato sul tutoraggio tra pari, per prevenire bullismo e cyberbullismo nella scuola e migliorare il clima scolastico.
N = 2057 studenti
da 22 scuole medie superiori

Età compresa tra 11 e 16 anni
all’inizio del programma, con un’età media di 13,08
F = 49,6% (N = 1021) M = 50,4% (N = 1036)
Per il bullismo:
Frequenza dei litigi

Vittimizzazione tra pari

Comportamento del bullo

Per il cyberbullismo:

Frequenza di episodi in cui sono state vittime di cyberbullismo

Frequenza di episodi in cui
hanno messo in atto comportamenti di
cyberbullismo

Per il clima scolastico: Agire sulla qualità
Illinois Bully Scale
(Espelage & Holt, 2001)

Scala di Vittimizzazion
e Elettronica (E-VS) e Scala di Bullismo Elettronico (E- BS) (Lam & Li, 2013)

Questionari o sul Clima Scolastico
(Díaz-Aguado, Martínez-Arias & Martín- Babarro, 2010), solo 4 delle 10 sottoscale
Diffusione di informazioni e dei
principi del programma tra tutti i membri della comunità scolastica (insegnanti, famiglie e
studenti)

Formazione degli insegnanti,
sia in formato “face-to-face” che in formato
virtuale

Formazione dei tutor per gli
studenti

Formazione di coppie studente- tutor e studente
che apprende.

Sviluppo dell’intervento con 3 tipi di attività: coesione , didattica e formazione di abilità specifiche
Ecological
Systems Theory (EST) (Bronfenbrenner, 1979)

The principles of emotional intelligence (Goleman, 1995)

Emotional
Intelligence Theory (Salovey and Mayer, 1990)

Positive Psychology
(Seligman et al., 2000)
Quasi RCTFollow up a 7 mesiI risultati mostrano che il coinvolgimento nel bullismo/
vittimizzazione e cyberbullismo/cybervittimizzazione è diminuito nel tempo solo nel gruppo sperimentale
(sottoposto all’intervento).

Al follow-up, nel gruppo sperimentale (GS), i punteggi in tutte le scale che valutano la bontà del clima scolastico hanno avuto un significativo aumento, a differenza dei punteggi del gruppo di controllo (GC).
Altundağ Y., Ayas T.

2020

Effectiveness of the Whole School-Based Program for equipping high school counselors with strategies of coping with cyberbullying and cyberbullying awareness
TurchiaValutare l’efficacia di un
programma psico-educativo, rivolto a counselor scolastici e basato sull’approccio Whole-School (Olweus, 1994).

Lo scopo del programma
consiste nell’aumentare la consapevolezza e le strategie di coping in riferimento al
cyberbullismo
N = 24 counselor
scolastici della scuole pubbliche secondarie

1) Gruppo Sperimentale (GS) (N = 12
8 femmine e 4 maschi)

2) Gruppo di controllo (GC) (N = 12 7 femmine e 5 maschi)
Consapevolezza sul
cyberbullismo

Strategie di
coping in riferimento a cyberbullismo
Cyberbullyin g Awareness
Scale for
Teachers (CAST; Ayas & Horzum, 2011)
14 item

Scale of Coping
Strategies with Cyberbullying for Teachers (SCSCT; Altundağ & Ajas, 2018)
Ai counselor del gruppo
sperimentale (GS) è stato somministrato un programma intensivo di due settimane su:

1. basi concettuali del
cyberbullismocon seguenze sulle vittime, aspetti legali, strategie etecniche psicologiche di coping.

2. strategie di
fronteggiamento basate sull’utilizzo consapevole e controllato di strumenti informativi.

3. informazioni sull’uso
consapevole e controllato dei social networks e delle impostazioni di privacy e sicurezza.

4. moduli e contenuti
specifici programmati per studenti, insegnanti e genitori.
The Whole- School
Approach (Olweus, 1994)
Quasi RCTFollow-up a 2 mesiI risultati al post-test
hanno mostrato un incremento significativo dei punteggi a tutte le variabili considerate nel Gruppo Sperimentale (GS), con effect size elevati.

Al follow-up tali miglioramenti hanno
mantenuto livelli alti, dimostrando l’efficacia del programma nell’incrementare la consapevolezza e le strategie di coping dei counselor scolastici nei confronti del cyberbullismo.
Doane, A. N., Ehlke, S., Kelley, M. L.

2020

Bystanders Against Cyberbullying: a Video Program for College Students
Stati UnitiTestare l’efficacia di un
programma video in riferimento al comportamento di chi assiste a cyberbullismosull a base di 3 outcome:
1.Unirsi al bullo
2.Aiutare la vittima;
3.Non fare nulla.
N = 225 studenti

N = 177 femmine

N = 48 maschi

1) Gruppo sperimentale(GS
):
(N = 113)

2) Gruppo di controllo (GC): (N = 112)
4 componenti
della Theory of Planned Behavior (TPB), rispetto ai comportamenti degli spettatori di cyberbullismo:

Atteggiamenti

Norme ingiuntive

Controllo comportamento percepito

Intenzioni, empatia verso la vitta di cyberbullismo
Empathetic Responsivenes
s Questionnaire (Olweus & Endresen,
1998)

Cyberbullyin g Experiences
Survey (CES; Doane et
al. 2013)

19 item con risposta su scala Likert per valutare la frequenza con cui hanno assistito a episodi di cyberbullismo nell’ultimo mese

12 item con risposta su scala Likert che valutano i 3 tipi di risposte degli spettatori a episodi di cyberbullismo (unirsi al bullo, aiutare la vittima, non fare nulla)
Sondaggio on- line , visione del
video on-line e valutazione di follow-up ad 1
mese

1) Video sul cyberbullismo
creato dal Cyberbullying Research and
Awareness Group (CRAG) organizzazione studentesca universitaria

Video sull’alcol creato per un’altra ricerca sul consumo di alcol.

Gli autori di questo studio si aspettano che l’alcol non sia correlato al bullismo
Theory of Reasoned
Action (TRA) (Ajzen,
1985)

Theory of Planned Behavior (TPB)
(Ajzen, 1991)

Social Cognitive Theory (Bandura, 2001)
RCTFollow-up a 1 meseImmediatamente dopo il video
il Gruppo Sperimentale (GS) ha mostrato punteggi
significativamente più bassi, rispetto al Gruppo di
Controllo (GC), nelle variabili: atteggiamenti, norme ingiuntive e controllo comportamentale percepito; una bassa intenzione di non fare nulla e una alta intenzione di aiutare la vittima
Nessun’ altra variabile dipendente differiva significativamente tra i gruppi

Le stesse analisi solo sul campione più piccolo a T3 (follow-up 1 mese dopo) hanno rivelato differenze di gruppo significative in atteggiamenti, norme ingiuntive e intenzioni di non fare nulla; tuttavia, le differenze nel controllo comportamentale percepito riguardo al non fare nulla e alle intenzioni di aiutare la vittima non erano più significative.

4. DISCUSSIONE

L’analisi delle tabelle sopra riportate ha permesso, attraverso un’attività di sintesi, di evidenziare gli elementi salienti che vanno a caratterizzare il nostro studio.

4.1 Paesi di provenienza

Tra gli studi presi in esame e inseriti in questa rassegna, 2 hanno interessato la popolazione dell’Italia (Palladino et al., 2016; Sorrentino et al., 2018), 1 la Germania (Zagorscak et al., 2019), 1 l’Australia (Cross et al., 2016), 1 la Cina (Leung et al., 2019), 1 la Spagna (Ferrer-Cascales et al., 2019), 1 la Turchia (Altundağ et al., 2020) e infine 1 gli Stati Uniti (Doane et al., 2020).

4.2 Scopi

Lo scopo cui tendono i diversi studi, in accordo con quelli che erano i criteri di inclusione, concerne la valutazione dell’efficacia di un programma volto alla riduzione del fenomeno del cyberbullying.

I programmi presi in esame da ciascun studio si distinguono tra di loro per diverse peculiarità. Vediamo, ad esempio, che il programma Media Heroes (Zagorscak et al., 2019) si focalizza non solo sulla prevenzione del cyberbullying, ma anche sulla valutazione e riduzione dei sintomi somatici ad esso collegati. Il programma Cyber Friendly Schools (Cross et al., 2016) è volto alla riduzione del cyberbullying, mediante la promozione di comportamenti positivi, utilizzando un approccio di minimizzazione del danno. Leung et al. (2019), con il loro programma E-Course, vogliono intervenire sul fenomeno del cyberbullying favorendo un comportamento finalizzato ad aiutare le vittime di cyberbullying e promuovendo un senso di autoefficacia. Palladino et al. (2016), con la terza edizione del programma NoTrap! e Ferrer-Cascales et al. (2019), con il loro programma Tutoría Entre Iguales, volti alla riduzione di bullismo e cyberbullismo, utilizzano un approccio guidato da pari. Un intervento particolare è quello di Doane et al. (2020), i quali testano l’efficacia di un programma basato su dei video, per sensibilizzare al fenomeno studiato chi osserva comportamenti riferiti al cyberbullying, valutando i livelli d’empatia provata nei confronti della vittima. Altundağ et al. (2020), infine, dirigono il loro programma educativo verso le figure dei counselor scolastici, in modo da aumentare la consapevolezza e le strategie di coping in riferimento al cyberbullying.

4.3 Teorie di riferimento

Le teorie di riferimento utilizzate maggiormente nelle ricerche considerate sono la Theory of Reasoned Action (Fishbein & Ajzen, 1975), presente in due studi (Zagorscak et al., 2019; Doane et al., 2020), e la Ecological System Theory (Bronfenbrenner, 1979), presente in tre studi (Palladino et al., 2016; Sorrentino et al., 2018; Ferrer-Cascales et al., 2019). In uno studio (Doane et al., 2020) si fa riferimento alla Theory of Planned Behavior (Ajzen, 1991) e in un altro studio (Cross et al., 2016) i ricercatori citano la Systemic Socioecological Approach (Bronfenbrenner, 1995). Infine, nella ricerca di Altundağ e Ayas (2020), si fa riferimento alla The Whole-School Approach (Olweus, 1994), una teoria che suggerisce che i programmi di prevenzione del bullismo devono coinvolgere tre differenti livelli: individuale, di classe e scolastico, mentre lo studio condotto da Leung et al. (2019) si basa sulla Constructivist Learning Theory (Kelly, 1955) per promuovere negli studenti l’assimilazione, ovvero il processo mediante il quale le nuove informazioni sono integrate con le conoscenze di base esistenti e con l’esperienza personale.

4.4 Caratteristiche del campione

Andando ad esaminare alcune caratteristiche dei campioni presi in esame e considerando che tra i criteri d’inclusione non è stato posto alcun limite, si può notare una certa eterogeneità nella ampiezza. Lo studio col campione più piccolo è quello di Leung et al. (2019), che conta 144 studenti; lo studio col campione più grande è quello di Cross e collaboratori (2016), che ha un totale di 3.382 studenti. Un discorso a parte va fatto per lo studio di Altundağ et al. (2020), il cui campione, come accennato in precedenza, conta 24 counselor scolastici delle scuole pubbliche secondarie. Osservando l’età media dei campioni, è facile constatare che la maggior parte dei partecipanti si aggira intorno ai 13 anni (Cross et al, 2016; Ferrer-Cascales et al., 2019; Sorrentino et al., 2018; Zagorscak et al., 2019). Sorrentino et al. (2018), hanno il campione con l’età più bassa, la quale parte da 10 anni per arrivare a 17 anni. Lo studio di Leung et al. (2019) e di Doane et al. (2020) esulano da questa media, in quanto si rivolgono a studenti universitari: l’età media del loro campione, infatti, è, rispettivamente, di 21,05 e 23,68 anni. Tutti gli studi sono rivolti a studenti delle scuole superiori, tranne, come detto in precedenza, Altundağ et al. (2020), che si rivolgono a counselor scolastici, e Leung et al. (2019), la cui popolazione target del loro studio è composta da studenti universitari. Emerge, inoltre, come nella maggior parte degli articoli esaminati, il campione è composto perlopiù da soggetti di genere femminile.

4.5 Struttura dei programmi di intervento

I programmi per ridurre il fenomeno del cyberbullying proposti negli studi presi in esame differiscono per contenuti, tecniche, durata, organizzazione e destinatari. In riferimento a questi ultimi, la maggior parte ha strutturato interventi rivolti direttamente agli studenti, ma che coinvolgono almeno per alcuni incontri insegnanti e genitori (Ferrer-Cascales et al., 2019; Sorrentino et al., 2018; Zagorscak et al., 2019). Leung et al. (2019) e Doane et al. (2020) invece hanno sviluppato un programma unicamente diretto a studenti, mentre Palladino et al. (2016) hanno coinvolto in un training anche gli insegnanti. Infine, solo una ricerca è stata rivolta a tutto il personaledellascuola,oltrecheadinsegnanti,alunniegenitori(Cross etal.,2016)esololostudio di Altundağ et al. (2020) ha progettato un programma psico-educativo diretto alla formazione di counselor scolastici. Per quanto concerne la struttura degli interventi, il programma E-Course proposto nella ricerca di Leung et al. (2019) rivolto a gruppi di studenti, consiste in 6 sessioni bisettimanali on-line della durata di 15 munti ciascuna, per un totale di 3 settimane, ed utilizza role- play, scene simulate al computer, materiali interattivi, discussioni di gruppo. I sei incontri virtuali sono divisi in 3 fasi, corrispondenti al raggiungimento di 3 obiettivi diversi: la prima mira ad attivare le supposizioni attuali sul cyberbullying; la seconda, a sfidare queste supposizioni e la terza a far riflettere e consolidare il cambiamento del concetto del cyberbullying. Il programma video strutturato da Doane et al. (2020) e rivolto solo a gruppi di studenti universitari, consiste nel far visionare al gruppo di partecipanti un video di 18 minuti e mezzo creato dal Cyberbullying Research and Awareness Group (CRAG), una organizzazione studentesca universitaria guidata dallo stesso Doane. Il contenuto del video è composto da diverse interviste fatte a studenti in riferimento a: definizione del concetto di cyberbullying, tipi e modalità di cyberbullying a cui hanno assistito, azioni intraprese o che avrebbero potuto intraprendere in quella situazione. Lo scopo delle interviste è quello di mostrare le prospettive dei pari su idee ed eventi reali di cyberbullying che promuovono comportamenti positivi. Queste interviste sono inoltre alternate a diapositive 16 contenenti informazioni sul cyberbullying: risultati di studi che ne illustrano la definizione e i diversi tipi ed effetti sulle cybervittime. Infine nell’ultima parte del video vengono riprodotte (in modo realistico e in situazioni comuni per i partecipanti) 4 scene esplicative di 4 tipi di cyberbullying (malizia, umiliazione pubblica, inganno e contatto indesiderato). Nella ricerca di Palladino et al. (2016), l’intervento annuale NoTrap! è stato condotto nell’arco di 2 anni scolastici e rivolto a insegnanti e studenti. È infatti composto da un iniziale training per gli insegnanti, seguito da una presentazione del programma e da 2 incontri di 2 ore ciascuno finalizzati allo sviluppo della consapevolezza negli studenti, successivamente vengono reclutati degli studenti volontari (peereducator), sottoposti poi a un training per lo svolgimento di un attività di peereducation finalizzata a prevenire e sensibilizzare al cyberbullying e al bullismo nella propria classe sia in presenza che on-line. Ferrer-Cascales et al. (2019) hanno strutturato il programma TEI (Tutoría Entre Iguales), rivolto a insegnati, famiglie e studenti. Questo intervento è composto da 5 fasi: 1) diffusione di informazioni e dei principi del programma tra tutti i membri della comunità scolastica (insegnanti, famiglie, studenti); 2) formazione degli insegnanti di 10 ore in incontri di persona e di 20 ore in formato virtuale/on-line (per un totale di 30 ore); 3) formazione dei tutor per gli studenti in 3 incontri della durata di un’ora ciascuno; 4) formazione di coppie studente-tutor e studente che apprende; 5) sviluppo dell’intervento vero e proprio attraverso 3 tipi di attività: a) coesione (2 sessioni ogni trimestre, durante l’orario scolastico); b) didattica (ogni mese viene svolto un tutoraggio formale tra tutor e studente, nonché tra tutor e coordinatori del programma e altri tutoraggi informali); c) formazione di abilità specifiche (9 sessioni della durata di un’ora ciascuna, distribuite durante l’anno accademico). Il programma Tabby Improved Prevention and Intervention Program (TIPIP), proposto da Sorrentino et al. (2018) per ridurre il cyberbullying e la cybervittimizzazione, consiste in incontri informativi e formativi rivolti a insegnati, genitori e studenti. In particolare, le attività di formazione degli insegnati sono state svolte in 3 incontri settimanali della durata di 3 ore ciascuno (durata totale di 3 settimane), più un giorno aggiuntivo riguardante la spiegazione delle possibili implicazioni legali, civili, penali e amministrative relative al cyberbullying. Vengono inoltre programmate conferenze nelle scuole, che coinvolgono i genitori e svolte diverse attività in classe con gli studenti (4 sessioni di 2 ore ciascuna). Zagorscak et al. (2019) hanno strutturato il programma Media Heroes della durata complessiva di circa 3 mesi, in due versioni: una lunga e una breve. Nella versione lunga vengono proposti 10 incontri a cadenza settimanale della durata di 90 minuti ciascuno con le classi di studenti, in cui sono utilizzate tecniche di role-playmodeling e cognitivo comportamentali (rinforzo positivo, ragionamento morale). Accompagnate da sessioni di Teacher Training (8 ore) e Parent Training condotte da uno psicologo. Nella versione breve vengono proposte alle classi 4 sessioni a cadenza settimanale della durata di 90 minuti ciascuno, caratterizzate sempre dalla presenza di role-play, modeling e tecniche cognitivo comportamentali, supportate da Teacher Training (8 ore), ma senza interventi diretti ai genitori. Cross et al. (2016), hanno invece proposto un intervento annuale diretto a tutta la scuola, chiamato: Cyber Friendly Schools (CFS), la ricerca ha una durata totale di 2 anni. In tale programma sono state fornite formazioni a livello dell’intera scuola, in particolare verso diversi destinatari: studenti di 13 e 14 anni, Cyber Leaders (studenti con età di 15 anni), insegnanti (formazioni di 3 ore all’inizio di ogni anno per migliorare l’attuazione dell’intero intervento),

genitori/tutori, dirigenti informatici (formati individualmente per la durata di 10 ore all’anno, per condurre almeno 3 importanti attività a livello 17 dell’intera scuola per incoraggiare gli studenti ad un uso corretto della tecnologia). Accompagnata anche da una assistenza a tutto il personale scolastico nell’attuazione di strategie relative al contesto organizzativo della propria scuola per favorire una comprensione coerente del fenomeno del cyberbullying. È stato inoltre formato un gruppo chiamato Pastoral Care che ha ricevuto 6 ore di formazione all’inizio di ogni anno, per attuare una politica scolastica e sviluppare pratiche svolte a scoraggiare il cyberbullying e altre forme di bullismo nell’intera scuola. In particolare tale gruppo è stato anche istruito nel creare uno strumento di rilevazione pratico in grado di individuare i punti di forza e di debolezza dell’intero programma annuale, per dare la possibilità di correggerlo in corso d’opera se fossero state rilevate problematiche nel corso dell’anno scolastico. Il coordinatore del progetto di ciascuna scuola e il suo gruppo Pastoral Care, così come gli studenti Cyber Leaders, hanno infatti implementato insieme le strategie da mettere in atto per l’intera scuola in ogni anno dello studio. La scuola ha inoltre diffuso risorse on-line (con ad esempio: materiali on-line con collegamenti multimediali e informativi, attività interattive come problem solving, quiz, ecc) disponibili per diversi destinatari: genitori (per favorire in loro la consapevolezza sulle tecnologie utilizzate dai loro figli e sui danni e benefici ad esse associate); studenti singoli (per aumentare autoefficacia in ambito informatico, specialmente quando si trovano a rispondere a situazioni di cyberbullying); gruppi di studenti (per migliorare le loro abilità sociali on-line con forte enfasi sulla comunicazione positiva, resilienza, autogestione, risoluzione dei conflitti e responsabilità sociale); insegnanti (per incoraggiarli a facilitare e supportare l’apprendimento autonomo degli studenti). Infine, il programma psico-educativo rivolto a counselor scolastici creato da Altundağ et al. (2020) è basato sull’approccio Whole-School (Olweus, 1994) e consiste in una formazione intensiva di due settimane, organizzata in 4 sessioni della durata media di 120 minuti ciascuno, riguardante: 1) basi concettuali del cyberbullying, conseguenze sulle vittime, aspetti legali, strategie e tecniche psicologiche di coping; 2) strategie di fronteggiamento basate sull’utilizzo consapevole e controllato di strumenti informativi; 3) informazioni sull’uso consapevole e controllato dei social networks e delle impostazioni di privacy e sicurezza; 4) moduli e contenuti specifici programmati per studenti, insegnanti e genitori.

4.6 Variabili indagate

Analizzando le variabili indagate, emerge che 4 studi si sono focalizzati sulle credenze, le intenzioni e le percezioni riguardo il cyberbullying (Altundağ et al., 2020; Doane et al., 2020; Leung et al., 2019; Zagorscak et al.,2019). Nello specifico, Zagorscak et al. (2019) indagano quali sono le norme soggettive inerenti il cyberbullying; Leung et al. (2019) indagano le conoscenze dei partecipanti allo studio sul cyberbullying , la loro intenzione ad aiutare le vittime, la percezione del proprio controllo comportamentale nell’aiutare le vittime e l’autoefficacia del combattere il cyberbullying, valutando, dunque, quali possano essere le probabilità d’intervento comportamentale di ciascuno nel verificarsi di episodi di cyberbullying ; Altundağ et al. (2020), riferendosi ai counselor scolastici, analizzano la loro consapevolezza riguardo il fenomeno del cyberbullying, ma anche le strategie di coping messe in atto nel fronteggiare episodi di cyberbullying; Doane et al. (2020) studiano gli atteggiamenti, le norme ingiuntive, il controllo comportamentale percepito, le intenzioni e l’empatia verso le vittime di cyberbullying. Sempre in riferimento alle variabili indagate, si rileva che 4 studi (Cross et al., 2016; Ferrer-Cascales et al., 2019; Palladino et al., 2016; Zagorscak et al., 2019) esaminano il ruolo attivo dei partecipanti nel mettere in atto comportamenti riferiti al cyberbullying, nonché la frequenza di esperienze in cui sono 18 stati cybervittime. Inoltre la ricerca di Zagorscak et al. (2019), è l’unica ad esplorare anche altri aspetti che possono essere collegati al cyberbullying, ovvero i sintomi somatici. Infine, è doveroso citare due studi, quello di Palladino et al. (2016) e di Ferrer-Cascales et al. (2019), i quali si soffermano non solo sul fenomeno del cyberbullying e cybervittimizzazione, ma parlano anche di bullismo e vittimizzazione.

4.7 Strumenti

I principali strumenti utilizzati per misurare le variabili riguardanti caratteristiche specifiche del cyberbullying e/o del bullismo (come consapevolezza, coinvolgimento nel fenomeno, aspettative e comportamenti di vittime e/o bulli, etc) sono differenti per ogni studio. Ad esempio, nella ricerca di Cross et al. (2016) è stata usata la Cyberbullying scales (Smith, Mahdavi, Carvalho & Tippett, 2006) per indagare la perpetuazione del cyberbullying e la cybervittimizzazione. Mentre nell’articolo di Zagorscak et al. (2019) è stato utilizzato l’European Cyberbullying Intervention Project Questionnaire (ECIPQ; DAPHNE; Del Rey et al., 2015) per valutare il coinvolgimento nel cyberbullying e il questionario di Lazuras, Barkoukis, Ourda e Tsorbatzoudis (2013) per indagare gli atteggiamenti e le norme soggettive relative al cyberbullying, seguendo le linee guida di Ajzen e Fishbein (2008). Leung et al. (2019) per valutare la consapevolezza di cyberbullying hanno invece utilizzato la Cyberbullying Awareness Scale (Brewer, 2010), accompagnata da altre 3 scale specifiche: la scala adattata da Fishbein e Ajzen (2011), per indagare: l’intenzione di aiutare le cybervittime e il controllo comportamentale percepito nell’aiutare le vittime di cyberbullying; la scala adattata da Schwarzer e Jerusalem (1995), per valutare l’autoefficacia nel combattere il cyberbullying; la scala adattata da Koon (2013), per indagare la probabilità di intervento comportamentale nel cyberbullying. Nella ricerca di Sorrentino et al. (2018) invece sono stati misurati i fattori di rischio per gli studenti e il coinvolgimento nel cyberbullying e nella cybervittimizzazione attraverso la Tabby Improved Checklist, un questionario on-line self-report creato appositamente per questo studio dagli autori. Nello studio di Palladino et al. (2016) è stata utilizzata la Florence Bullying-Victimization Scales (Palladino, 2013), per valutare i livelli di bullismo e vittimizzazione (nello specifico viene misurata la frequenza negli ultimi 2 mesi di essere stati colpevoli e/o vittime di atti di bullismo) e la Florence Ciberbullying/Cybervictimization Scales (Palladino et al., 2015) per indagare il cyberbullying e la cybervittimizzazione. Ferrer-Cascales et al. (2019) nel loro studio hanno indagato il bullismo tramite la Illinois Bully Scale (Espelage & Holt, 2001) e il cyberbullying (nello specifico, l’individuazione di cyberbulli e di cybervittime) attraverso 2 scale: Scala di Vittimizzazione Elettronica (E-VS) e Scala di Bullismo Elettronico (E- BS) di Lam e Li (2013). Nello studio di Doane et al. (2020) è stato utilizzato il Empathetic Responsiveness Questionnaire (Olweus & Endresen, 1998) per valutare l’empatia nei confronti delle cybervittime e il Cyberbullying Experiences Survey (CES; Doane, Kelley, Chiang & Padilla, 2013) per misurare la cybervittimizzazione e la perpetrazione del cyberbullying. Accompagnati da diversi item specifici creati dagli autori dello studio per indagare le testimonianze di comportamenti di cyberbullying e il comportamento degli spettatori (come per esempio: frequenza nell’ultimo mese in cui sono stati spettatori di episodi di cyberbullying; tipi di risposte che hanno avuto da “cyberspettatori”, ovvero se si sono uniti al cyberbullo, o hanno difeso la cybervittima; etc), tutti riferiti solo a 4 diversi tipi di cyberbullying (malizia; umiliazione pubblica; inganno; contatto indesiderato). Inoltre nello studio di Altundağ et al. (2020), che testa un programma rivolto aicounselor scolastici e non a studenti come tutte le ricerche precedentemente illustrate, è stata utilizzata la Cyberbullying Awareness Scale for Teachers (CAST; Ayas & Horzum, 2011) e la Scale of Coping Strategies with Cyberbullying for Teachers (SCSCT; Altundağ & Ajas, 2018). Infine, è importante sottolineare che in due di tutti gli studi (Ferrer-Cascales et al., 2019; Zagorscak et al., 2019) inclusi in rassegna sono stati utilizzati anche questionari specifici per indagare altri aspetti che possono essere collegati al cyberbullying. In particolare, nello studio di Zagorscak et al. (2019) è stata usata per i sintomi somatici la Bern Well-Being Questionnaire for Adolescents di Grob, Luthi, Kaiser, Flammer, Mackinnon e Wearing (1991).

Mentre nello studio di Ferrer-Cascales et al. (2019), per misurare il clima scolastico, sono state utilizzate 4 (Soddisfazione per la scuola; Senso di appartenenza; Cooperazione; Comunicazione tra famiglia e scuola) delle 10 sottoscale della versione spagnola del Questionario sul Clima Scolastico (Díaz-Aguado, Martínez-Arias & Martín-Babarro, 2010).

4.8 Disegni di ricerca e follow-up

Coerentemente con i criteri di inclusione gli studi considerati sono caratterizzati da un disegno RCT (studio controllato randomizzato) o quasi RCT. Nello specifico emerge che 5 studi si basano su un disegno RCT (Zagorscak et al., 2019; Cross et al., 2016; Leung et al., 2019; Sorrentino et al., 2018; Doane et al., 2020), mentre 3 studi si basano su un disegno quasi RCT (Palladino et al., 2016; FerrerCascales et al., 2019; Altundağ & Ayas, 2020). Altro criterio di inclusione è la presenza di almeno un follow-up, che indichi l’efficacia del programma volto alla riduzione di episodi di cyberbullying anche a lungo termine. Di conseguenza, dalla nostra analisi è emerso che 3 studi hanno un follow-up a 6 mesi (Zagorscak et al., 2019; Palladino et al., 2016; Sorrentino et al., 2018). Gli altri studi riportano follow-up a diversi periodi: Cross et al. (2016) a 12 mesi, Leung et al. (2019) a 5 settimane, Ferrer-Cascales et al. (2019) a 7 mesi, Altundağ et al. (2020) a 2 mesi, infine Doane et al. (2020) a 1 mese.

Per quanto riguarda la discussione relativa all’analisi dei risultati si rimanda alle conclusioni.

5. RISULTATI e CONCLUSIONI

La diffusione di Internet e delle ICT ha indubbiamente potenziato le modalità e la rapidità di condivisione di conoscenze ed informazioni, nonché il modo in cui ci relazioniamo e comunichiamo con gli altri. Tuttavia, l’eccessiva disponibilità e facilità di accesso a Internet, accompagnata da un utilizzo improprio dei suoi strumenti, può essere altamente pericolosa, soprattutto per bambini ed adolescenti che trascorrono molto tempo a navigare nel web. Il cyberbullying è uno dei possibili rischi dell’utilizzo non sicuro e non responsabile di Internet. Data la rapida diffusione del fenomeno e la gravità delle conseguenze che determina, si fa sempre più forte la necessità di mettere a punto dei programmi efficaci per prevenirne e ridurne l’incidenza. Tuttavia, rispetto alle ricerche sul bullismo tradizionale, è sorprendente constatare come ci siano ancora pochi studi evidence-based su questo fenomeno. Gaffney et al. (2019) nel loro recente lavoro di meta-analisi, hanno trovato ed analizzato 24 studi per valutare l’efficacia dei programmi di intervento e di prevenzione del cyberbullying in bambini ed adolescenti nel contesto scolastico, sottolineando la necessità di ulteriori studi per giungere a conclusioni chiare, sebbene i loro risultati suggeriscano che la maggior parte dei programmi di prevenzione del cyberbullying sono efficaci nel ridurre in maniera significativa sia il fenomeno della vittimizzazione che quello della perpetrazione del cyberbullying (Gaffney et al., 2019).

Nella presente rassegna, soltanto 8 studi hanno pienamente soddisfatto i nostri criteri di inclusione, criteri che comprendono, in aggiunta a quelli utilizzati nel lavoro di Gaffney et al. (2019), la presenza di un campione esteso (N>100) nel caso di studenti come destinatari e la presenza di follow-up, per valutare anche l’andamento degli effetti nel tempo. Inoltre, a differenza della meta-analisi di Gaffney et al. (2019), che si è focalizzata prevalentemente sulla vittimizzazione e la perpetrazione del cyberbullying, in questo lavoro sono stati inclusi studi che hanno valutato l’effetto dell’intervento anche su altre variabili implicate nello sviluppo e nel mantenimento del fenomeno, come conoscenze, credenze, intenzioni e percezioni sulla vittima (Altundağ et al., 2020; Doane et al., 2020; Leung et al., 2019; Zagorscak et al.,2019), clima scolastico (Ferrer-Cascales et al., 2019), autoefficacia e strategie di coping degli studenti (Leung et al., 2019; Palladino et al., 2016) e dei counselor scolastici (Altundağ et al., 2020), sintomi somatici (Zagorscak et al., 2019).

Prima di andare nel vivo della discussione dei risultati emersi, si ritiene opportuno fare alcune osservazioni. Innanzitutto, considerando che la presente ricerca bibliografica ha interessato gli ultimi dieci anni, in base ai filtri inseriti si osserva che l’interesse per l’argomento si è intensificato soltanto negli ultimi anni, in particolare dal 2018 al 2020. Inoltre, gli studi che sono stati esaminati nel presente lavoro provengono da contesti geografici e culturali molto diversi, offrendo una prospettiva internazionale ampia sul fenomeno. Questo spiega anche l’eterogeneità degli strumenti e dei programmi utilizzati che, da un lato riflette il crescente interesse scientifico sul fenomeno, e dall’altro denota la mancanza di sistematicità e di consenso scientifico sulle variabili e sui processi implicati (Tokunaga, 2010).

Dall’analisi dei risultati di tutti gli studi presenti in questa rassegna, gli interventi proposti si sono rivelati efficaci nel prevenire e ridurre il fenomeno del cyberbullying.

In particolare, nello studio di Zagorscak et al. (2019) i risultati hanno mostrato che sei mesi dopo l’intervento gli studenti appartenenti alla condizione di “intervento lungo” (10 sessioni) del programma Media Heroes, hanno riportato una riduzione dei comportamenti legati al cyberbullying e dei sintomi somatici, rispetto agli studenti appartenenti al gruppo di controllo. Non sono invece emerse differenze significative nelle norme ingiuntive e negli atteggiamenti tra i tre gruppi sperimentali (gruppo di “intervento lungo”; gruppo di “intervento breve”, gruppo di controllo), sebbene le variabili siano risultate correlate positivamente con il fenomeno del cyberbullying. Secondo gli autori, questo risultato può dipendere dal fatto che sia gli atteggiamenti che le norme ingiuntive non erano i principali target dell’intervento.

Per quanto riguarda lo studio di Leung et al. (2019), i risultati hanno mostrato punteggi più alti negli studenti del gruppo sperimentale rispetto a quelli del gruppo di controllo in tutte le variabili analizzate (consapevolezza del cyberbullying, intenzioni di prestare aiuto alle vittime, controllo del

comportamento percepito, autoefficacia nel combattere il cyberbullying, probabilità di intervento comportamentale), evidenziando la validità del programma E-Course nella promozione di comportamenti prosociali e nella riduzione del cyberbullying.

Nello studio di Doane et al. (2020) è stata valutata l’efficacia di un video progettato sulla base della Teoria del Comportamento Pianificato (Ajzen, 1985) nel modificare il comportamento dell’osservatore in un campione di studenti universitari. Secondo la teoria, le attitudini, le norme ingiuntive, il controllo comportamentale percepito e l’empatia nei confronti della vittima possono influenzare le intenzioni dell’osservatore e quindi la scelta di unirsi al bullo, aiutare la vittima o di non fare nulla. Dopo il video, rispetto al gruppo di controllo, il gruppo sperimentale ha mostrato punteggi significativamente più bassi nelle variabili legate al comportamento di non fare nulla, ed un incremento dei punteggi sulle intenzioni di aiutare la vittima. Nessuna differenza è stata invece trovata per le variabili relative all’intenzione di unirsi al bullo, risultato probabilmente dovuto ad un “effetto pavimento”, visti i punteggi iniziali già bassi di tutti i partecipanti. Lo stesso è accaduto per la variabile empatia verso la vittima, il cui punteggio si è mantenuto stabile tra i gruppi forse, al contrario, per un “effetto soffitto”. Un’altra possibile interpretazione è che i partecipanti abbiano utilizzato delle strategie di disimpegno morale nei confronti della vittima del video. Tuttavia, al follow-up a distanza di un mese dall’intervento, nessuna differenza tra gruppi è stata evidenziata. Secondo gli autori questo può esser dovuto al fatto che, essendosi ridotto il numero dei partecipanti al follow-up, non si è riusciti a raggiungere la significatività statistica, oppure all’effetto di variabili ambientali non considerate nello studio. Inoltre, è plausibile ipotizzare che la sola visione di un breve video non sia sufficiente a modificare intenzioni e comportamenti degli spettatori e che sia necessario integrare il programma con altre attività, come role-play, discussioni, sessioni ripetute etc (Doane et al., 2020).

Cross et al. (2016) hanno valutato l’impatto longitudinale del programma Cyber Friendly Schools (CFS), che mira a contrastare e a ridurre il cyberbullying, attraverso la promozione di comportamenti positivi, in un campione di oltre 3000 adolescenti, della durata di due anni con un follow-up a distanza di 12 mesi. Il programma interessa la comunità scolastica nella sua totalità, prevede il coinvolgimento di studenti, insegnanti e famiglie, e mira anche ad una nuova definizione delle politiche scolastiche per migliorare le strategie di intervento sul fenomeno. I risultati di questo studio hanno dimostrato una diminuzione significativa della probabilità di subire atti di cyberbullying dopo il primo anno di intervento, che si è mantenuta stabile al follow-up. Invece, la probabilità di commettere atti di cyberbullying è diminuita non solo al post-intervento ma anche nel periodo successivo. Nel caso di soggetti già esposti al fenomeno, sia vittime che cyberbulli, la probabilità di subire e di agire atti di questo tipo è aumentata in entrambi i momenti temporali

esaminati rispetto alla baseline. Secondo gli autori questo può dipendere dal fatto che il programma ha interessato tutti gli studenti e non si è focalizzato sulla percentuale, sebbene esigua, di soggetti già esposti al fenomeno (Cross et al., 2016). Studi futuri di prevenzione del cyberbullying dovrebbero includere approcci anche di tipo individuale specifici per gli attori già coinvolti (Green, 2001). Un’altra spiegazione possibile è che l’intervallo tra pre e post-intervento sia stato troppo breve per permettere l’osservazione di altri cambiamenti significativi.

Un altro aspetto interessante dello studio è che non tutti gli insegnanti sono riusciti ad implementare l’intero programma, risultato che suggerisce la necessità di formarli in maniera appropriata e di fornirli di adeguate risorse e competenze per la realizzazione di progetti anti- bullismo e anti-cyberbullying.

Un focus diverso è quello presente nello studio di Altundağ et al. (2020), in cui viene valutata l’efficacia di un intervento psicoeducativo su un campione di counselor scolastici delle scuole secondarie, finalizzato ad aumentare la consapevolezza sul cyberbullying e a fornire loro ulteriori strategie di coping per contrastarlo. I risultati di questo studio hanno mostrato un incremento dei punteggi nelle variabili esaminate nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo di controllo, con effect size elevati, mantenuti anche a due mesi di follow-up. È interessante notare che gran parte degli studi sulla consapevolezza e la comprensione del cyberbullying si concentrano sugli studenti, senza considerare altri protagonisti importanti, come psicologi o counselor scolastici nella lotta contro il cyberbullying. Essi potrebbero svolgere un ruolo chiave nel sensibilizzare tanto gli studenti quanto il personale scolastico.

Negli studi di Palladino et al. (2016) e di Ferrer-Cascales et al. (2019) gli interventi proposti, rispettivamente NoTrap TEI, hanno mostrato degli effetti positivi non solo sul cyberbullying ma anche sul bullismo tradizionale. Questi risultati sono in linea con l’idea che i due fenomeni sono intimamente connessi e suggeriscono la possibilità di implementare programmi di prevenzione integrati che vadano sia ad agire su processi comuni a bullismo e cyberbullying che ad includere strategie specifiche riguardanti le ICT (Tokunaga, 2010; Dooley, Pyzalski & Cross, 2009). Un altro aspetto interessante è che entrambi gli studi (Ferrer-Cascales et al., 2019; Palladino et al., 2016) hanno utilizzato dei programmi basati sulla metodologia della peer education, in cui un gruppo di pari è stato specificatamente formato attraverso materiali e sessioni di training per la promozione di abilità sociali, comportamenti prosociali, empatia e strategie di problem solving, da trasferire agli altri pari. Si tratta di un’esperienza tra i giovani per i giovani, in cui gli studenti possono esprimere apertamente i propri bisogni e difficoltà, individuano possibili situazioni di conflitto interpersonale, creano situazioni di apprendimento e di condivisione ed empatizzano con i pari che si trovano in situazioni difficili.

Inoltre, nello studio di Ferrer-Cascales et al. (2019) nel gruppo sperimentale è emerso anche un incremento significativo nelle scale della bontà del clima scolastico, rispetto agli studenti del gruppo di controllo.

In due degli studi esaminati sono state valutate anche eventuali differenze di genere nell’efficacia dei programmi proposti (Palladino et al., 2016; Sorrentino et al., 2018). Mentre nello studio di Palladino et al. (2016) non sono emerse differenze per questa variabile, nella ricerca di Sorrentino et al. (2018) l’intervento Tabby Improved Prevention and Intervention Program (TIPIP) è risultato più efficace nei maschi rispetto alle femmine. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per comprendere se queste differenze siano dovute ad alcune componenti del programma oppure al ruolo di altri fattori che possono mediare questo effetto.

Un altro aspetto che merita attenzione riguarda la modalità di implementazione del programma. In due degli studi esaminati (Leung et al., 2019; Doane et al., 2020), i programmi sono stati somministrati interamente mediante l’utilizzo di strumenti elettronici. Nel primo studio, si trattava del programma E-Course, che prevedeva diverse attività svolte al pc per 15 minuti a settimana per tre settimane (i.e., giochi di role-play, scene simulate al pc, materiali interattivi, discussioni di gruppo) (Leung et al., 2019); nel secondo è stato somministrato un programma video realizzato ad- hoc (Doane et al., 2020). I programmi sviluppati in ambiente virtuale presentano notevoli vantaggi: permettono l’esplorazione di temi carichi emotivamente garantendo la privacy dei soggetti coinvolti, favoriscono apprendimenti cognitivi ed emotivi liberi da qualsiasi forma di giudizio o di pressione sociale, sono maggiormente flessibili, prevedono costi e tempi più contenuti rispetto all’intervento umano, con la possibilità di essere somministrati su più larga scala. Per quanto riguarda gli interventi sul cyberbullying, l’idea di fondo alla base di questi programmi virtuali è che le ICT possono diventare rischiose soltanto se usate senza consapevolezza e responsabilità; altrimenti possono rappresentare delle opportunità per apprendere comportamenti positivi e strategie utili per fronteggiare i rischi presenti nella rete. L’ideale sarebbe quello di integrare tutte e due le modalità, in modo da godere dei vantaggi di entrambe, come nello studio di Palladino et al. (2016) che ha utilizzato l’intervento multicomponenziale NoTrap, con attività sia on-line che offline.

Per quanto riguarda le teorie di riferimento, non emerge un modello teorico maggiormente raccomandato. Ciò che si riconferma con forza è la necessità di una solida base teorica che si ponga a guida degli interventi di prevenzione.

Nonostante questi risultati incoraggianti emersi, si rendono necessari ulteriori studi per identificare le azioni e le condizioni più efficaci per la prevenzione del cyberbullying, al fine di dotare le scuole e gli studenti di strumenti e di strategie efficaci per un uso di internet e dei social network positivo.

Ad ogni modo, un elemento su cui molti studi concordano è la necessità di concepire programmi di prevenzione secondo un modello integrato, nel quale gli interventi sono diretti non solo agli studenti, ma anche agli altri attori sociali coinvolti come genitori, insegnanti e personale scolastico.

6. LIMITI

Il presente articolo potrebbe presentare alcuni limiti. In molti degli studi inclusi nella rassegna si utilizzano misure self-report rinviando all’inevitabile possibilità di pregiudizio intrinseco alla desiderabilità sociale. Studi futuri dovrebbero includere anche misurazioni più oggettive per ridurre tale rischio.

L’aggiunta del criterio di inclusione della presenza di un follow-up, ci ha permesso di valutare anche l’andamento nel tempo degli effetti degli interventi. Tuttavia, non è stato definito un periodo di tempo specifico. Sarebbe auspicabile in futuro poter considerare interventi school-based che valutino effetti post-intervento più a lungo termine.

Per quanto riguarda l’analisi delle differenze di genere, non è possibile giungere a delle conclusioni chiare data la prevalenza del genere femminile nei campioni considerati. A tal fine sono richiesti studi in cui la variabile genere sia equamente distribuita nel campione esaminato.

Un altro possibile limite potrebbe essere rappresentato dall’arco temporale degli studi considerato, gli ultimi 10 anni (2010-2020), nonostante il termine del cyberbullying sia comparso nel 2002. Tuttavia, tale decisione è stata dettata dalla necessità di focalizzarsi sulla recente letteratura riguardo programmi di prevenzione del cyberbullying.

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