Anno 2022 anno 17

TERAPIA DELLA NATURA: RASSEGNA DEI PROGRAMMI BASATI SU PROVE 

Riassunto

La consapevolezza derivante dalle prove di un aumento dell’incidenza del disagio e della psicopatologia in contesti urbani, dovuta a variabili strutturali in essi predominanti, richiede lo studio e la ricerca di interventi facilmente attuabili per la maggior parte delle persone, in contesto individuale, privato o istituzionale, e con una rilevante efficacia terapeutica, preventiva o promozionale per la salute fisica e mentale.

In questo lavoro si presenteranno i risultati di una rassegna sistematica, effettuata con il metodo PRISMA, sugli effetti salutogeni degli interventi basati sulla natura (NBT), una classe di interventi che sfrutta in chiave terapeutica elementi presenti negli ambienti naturali. 

Le evidenze vagliate ne dimostrano l’efficacia in termini di costi/benefici (materiali e di tempo) e la facilità di attuazioni in contesti privati e/o istituzionali. 

Tali caratteristiche rendono questi interventi fortemente appetibili per la pratica terapeutica e per la progettazione di politiche pubbliche o aziendali orientate alla salute e al benessere delle persone.

Parole chiave: Interventi basati sulla natura, Terapia forestale, Bagno di foresta, Shirin-yoku, Terapia della natura, Rassegna.

Introduzione

Negli ultimi anni è cresciuta la consapevolezza degli effetti delle determinanti sociali e ambientali sulla salute fisica e mentale individuale, con ovvie ricadute in termini di salute pubblica (Who, 2021). L’interesse a livello sociale per la tematica del rapporto tra ambiente naturale e benessere parte dalle stesse conclusioni attestate quotidianamente dall’esperienza soggettiva, sebbene in modo vago e impreciso: rilassarsi camminando in un parco in una giornata di sole, sgombrare la mente dai pensieri guardando piante, alberi e animali, lasciando che gli elementi dell’ambiente naturale catturino l’attenzione, in qualche modo ci fa sentire meglio.

La letteratura sulla relazione tra ambiente naturale, salute e benessere fornisce supporto empirico a queste suggestioni. Il contatto con la natura ha effetti positivi sull’esperienza emotiva (McMahan & Estes, 2015), notoriamente connessa a salute fisica e mentale (Pressman, Jenkins, & Moskowitz. 2019) e anche la semplice esposizione alla luce solare ha effetti significativi positivi su umore, attivazione parasimpatica (minori livelli di attivazione), autoregolazione, recupero fisico e benessere psicologico (Beute & de Kort, 2014). Alcuni studi si focalizzano su popolazioni e parametri specifici dimostrando come l’esposizione ad ambienti naturali abbia un’influenza positiva sugli indici di salute cardiovascolare (Lanki et al, 2017) e sui livelli di stress (Lucke et al., 2019) ansia e depressione sia in individui sani che in pazienti psichiatrici (Iwata, Dhubháin, Brophy, Roddy, Burke, & Murphy, 2016; Vujcic, Tomicevic-Dubljevic, Grbic, Lecic-Tosevski, Vukovic, & Toskovic, 2017).

Diverse sono le teorie e le ipotesi che tentano di dare ragione di questi effetti (e.g. Kaplan, 1995; Ulrich, 1983; Ahdevi & Grahn, 2011; Low & Altman, 1992) e tutte sembrano concordi nel ritenere che gli ambienti naturali presentino caratteristiche intrinsecamente salutotrope. Ciò include anche gli aspetti architettonici dei paesaggi naturali, con alcuni studi che rilevano ad esempio come in ambienti urbani la presenza di aree verdi e di percorsi di salute sia connessa ad attività fisica moderata che, come è noto, a sua volta apporta benefici per la salute (Richardson, Pearce, Mitchell, & Kingham, 2013; Kärmeniemi, Lankila, Ikäheimo, Koivumaa-Honkanen, & Korpelainen, 2018). Altri studi, infine, rilevano che non solo l’esposizione attiva (Mayer et al. 2009), ma anche l’esposizione passiva (Honold, Lakes, Beyer, & van der Meer, 2016; Van den Berg, Joye, & Koole, 2016) abbia effetti salutari.

Tali risultati sul rapporto tra benessere e ambienti naturali possono essere inquadrati in un framework dose-risposta, (Shanahan, Fuller, Bush, Lin, & Gaston, 2015), rendendo suggestiva l’idea che l’esposizione agli ambienti naturali, non possa avere altra conseguenza che esercitare effetti positivi sulle persone.

Per Interventi basati sulla natura (NBI) si intende una varietà di approcci che integrano il contatto con l’ambiente naturale all’interno del processo terapeutico (Naor & Mayseless, 2021). L’intervento si basa sul principio fondamentale di includere e utilizzare ambienti naturali, elementi della natura e piante (Annerstedt, Wahrborg, 2011) allo scopo di innescare cambiamenti rilevanti per la salute e il benessere.

Ciò che distingue gli approcci NBT da altri approcci terapeutici più convenzionali sono le modalità con le quali gli elementi della natura sono integrati nel processo terapeutico per curare o prevenire lo stato di malattia, lo scopo specifico del trattamento/intervento, il quadro teorico di riferimento dell’intervento e i suoi obiettivi specifici (Ewert, Mitten, & Overholt, 2014). Il principio fondamentale su cui si basano è l’inclusione e l’utilizzo di ambienti naturali, elementi della natura e piante (Annerstedt, Wahrborg, 2011), aspetto questo che viene poi declinato nell’intervento specifico in base agli obiettivi da conseguire, alle caratteristiche delle persone a cui è rivolto e alla struttura stessa dell’intervento (durata, frequenza, strumenti utilizzati etc.).

L’obiettivo del presente lavoro è di esaminare la letteratura recente sul tema dei trattamenti basati sulla natura (NBT) allo scopo di individuare i programmi attualmente disponibili e studiarne gli effetti terapeutici.

STRATEGIA DI RICERCA, CRITERI DI INCLUSIONE ED ESCLUSIONE

Gli studi che propongono programmi basati sulla natura, indirizzati a testare gli effetti terapeutici degli stessi sulla salute mentale e fisica, sono stati identificati tramite ricerche bibliografiche in banche dati elettroniche e motori di ricerca, attraverso l’uso di parole chiave ed esaminando la bibliografia di articoli. Questi ultimi sono stati sottoposti ad una valutazione successiva in base a criteri di inclusione e di esclusione. Sono stati applicati limiti relativi alla lingua di pubblicazione e gli articoli in lingua straniera sono stati tradotti.

Strategia di ricerca

Gli studi sono stati individuati effettuando una ricerca sui seguenti database: Google Scholar, Pubmed/Medline, Jstor. La ricerca bibliografica degli studi che propongono programmi basati sulla natura che hanno dato prova di efficacia terapeutica è stata effettuata su articoli pubblicati negli ultimi 10 anni, dal 2012 ad oggi. L’ultima ricerca è stata condotta a settembre 2022.

Su ogni database è stata effettuata una ricerca utilizzando le seguenti parole chiave: gardening, natural environment therapies, wilderness, adventure therapy, forest bathing, forest therapy, horticultural, community gardens, healing gardens AND programs AND intervention AND nature-based therapy.

Criteri di inclusione ed esclusione

Sono stati scelti quali criteri di inclusione i seguenti: studi degli ultimi 10 anni (2012-2022); interventi a valenza promozionale e/o terapeutica implicanti in modo prevalente il contatto con la natura; interventi che riportino indicatori di efficacia oltre la qualità percepita; studi in lingua italiana, inglese e/o spagnola. Sono stati adottati i seguenti criteri di esclusione: studi che non riguardano interventi a valenza promozionale e/o terapeutica, studi con full text non disponibile.

Sono stati identificati complessivamente 487 articoli. Dopo l’eliminazione dei duplicati (n = 54), i restanti articoli (n = 433), sono stati sottoposti a screening sulla base del titolo e dell’abstract, da questa prima cernita i restanti 433 articoli sono stati valutati per l’eleggibilità, secondo i criteri di inclusione prima definiti. Successivamente sono stati esclusi tutti gli articoli non conformi ai criteri stabiliti (n = 342): tali studi sono principalmente studi che non presentano dati quantitativi, non sono inerenti alla cura e alla prevenzione, oppure non sono pertinenti perché l’intervento nella natura risulta essere accessorio (n = 301); studi antecedenti a 10 anni (n = 10); studi che non presentano full text (n= 11); studi esclusivamente di tipo qualitativo (n =20). Si è così giunti a selezionare 91 articoli (cfr. bibliografia).

Nelle pagine seguenti se ne discuteranno le caratteristiche principali. Per non appesantire la presentazione si è preferito evitare citazioni in serie di articoli che presentano di volta in volta la caratteristica discussa. Tra parentesi sarà indicato il numero di articoli che presentano la caratteristica citata, rimandando alla bibliografia ragionata per ulteriori informazioni.

Riportiamo nel diagramma che segue, effettuato seguendo le indicazioni del PRISMA (Moher, Liberati, Tezlaff & Altman, 2009), il processo di selezione degli articoli (Fig.1).

Sistema di codifica

Gli studi selezionati sono stati analizzati e riportati secondo uno schema di codifica costituito dalle seguenti voci; fonte (titolo, autori, anno di pubblicazione dell’articolo); target (soggetti destinatari, età media, modalità di reclutamento); disturbo/condizione dei partecipanti (sani o portatori di malattia);  teorie di riferimento; scopo dello studio e caratteristiche dei programmi (numero di incontri, durata e aspetti organizzativi), con l’inclusione di parametri qualitativi legati alla percezione di benessere da parte dei partecipanti; strumenti di rilevazione utilizzati (questionari, interviste, misure biometriche etc.); l’efficacia terapeutica; gli eventuali follow-up per rilevare; e infine i limiti dello studio.

Risultati

1.      Paese

In relazione al contesto geografico si rileva uno squilibrio gli tra studi effettuati nei paesi occidentali (n. 60) e quelli nei paesi orientali (n. 31). Per il contesto occidentale è possibile effettuare inoltre una distinzione tra studi provenienti dall’area mitteleuropea e statunitense (49), ben diversificati ma con predominanza di studi provenienti da Stati Uniti e Inghilterra, e studi di provenienza nord-europea (11: Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca, Islanda). Per quanto riguarda il contesto orientale sono stati selezionati studi soprattutto da Cina e Giappone, e una minoranza da Corea del Sud, Singapore, Taiwan. Si segnala tuttavia che numerosi studi esclusi dalla presente rassegna erano di provenienza orientale tuttavia non è stato possibile considerarli o per inaccessibilità al full text o per assenza di traduzione in una lingua occidentale.

2.      Target prevalente (destinatari, età, numerosità del campione)

Per quanto riguarda l’ampiezza del campione si osserva come in alcuni studi di coorte o correlazionali si raggiungano numeri molto elevati, aspetto questo che non si riscontra per gli studi quasi sperimentali, con o senza gruppo di controllo. Le ragioni sono probabilmente da ricercare oltre che nella difficoltà di raccolta dati negli studi quasi sperimentali quando si eleva il numero di soggetti, anche nella possibilità di poter accedere ad ampie banche dati di enti governativi o privati.

 I due studi, tra quelli selezionati, che risultano avere il campione più elevato, sono quello di Astell-Burt e colleghi (Astell-Burt, Feng, & Kolt, 2014) che conta 246.920 adulti australiani, e quello di Donovan e colleghi (Donovan, Gatziolisi, Longley, & Douwes, 2018), effettuato su un campione di 39.108 bambini neozelandesi.

I campioni più ridotti concernono invece gli studi effettuati su residenti in case di cura per anziani, come ad esempio lo studio di Edwards e colleghi (Edwards, McDonnell, & Merl, 2013) che conta 10 soggetti, o quelli che intendono misurare l’efficacia di interventi all’aperto destinati a piccoli gruppi, come ad esempio lo studi di Irvine, Marselle, Melrose, e Warber (2020) che conta 13 soggetti coinvolti in un programma di camminate di gruppo.

Si segnala infine, unico nel gruppo di articoli selezionati per tipologia di soggetti, uno studio di coorte effettuato su 2159 gemelli dello stesso sesso (Cohen-Cline, Turkheimer, & Duncan, 2015).

Per quanto riguarda sesso e fasce di età, gli studi selezionati risultano essere rappresentativi della popolazione in riferimento ad entrambe le variabili. L’età si differenzia tra studi effettuati nel setting scolastico con una età media a partire dagli otto anni (ad esempio Christian, Evans, Nykjaer, Hancock, & Cade, 2014) e studi realizzati in altri contesti dove l’età media può raggiungere gli 84 anni, come accade ad esempio nello studio di Boer e colleghi (de Boer, Hamers, Zwakhalen, Tan, Beerens, & Verbeek 2017).

3.      Disturbo oggetto di trattamento

In più della metà degli articoli considerati (49) coloro che prendono parte allo studio sono soggetti sani oppure selezionati per l’assenza di condizioni mediche o psichiatriche di particolare gravità, soprattutto quando si tratta di soggetti anziani (ad esempio Hawkins, Smith, Backx,& Clayton, 2015).

Sul versante del disagio psicologico e del disturbo mentale la maggior parte degli articoli rimanenti è orientata allo studio di soggetti che presentano stress o stress lavoro correlato (10 articoli; ad esempio Olafsdottir et al., 2020), depressione, disturbi dell’umore e ansia (9 articoli; ad esempio Berman et al., 2012), schizofrenia (3 articoli; ad esempio Zhu et al., 2016).

Tra tutti gli articoli selezionati solamente uno sembra cogliere una dimensione psicopatologica più complessa, considerando ad esempio la presenza di traumi, di diagnosi complessa e di doppia diagnosi in un campione di adolescenti (Johnson, Davis, Johnson, Pressley, Sawyer, & Spinazzola, 2020). Analogamente sono solo due gli studi, tra quelli esaminati, che rilevano la relazione tra i trattamenti basati sulla natura e le funzioni cognitive (memoria di lavoro, memoria a lungo termine e funzioni esecutive in un campione di anziani; Park, Lee, Park, Son, Kim, & Lee, 2019) o i disturbi dell’apprendimento, disabilità intellettive e autismo (Sempik, Rickhuss, & Beeston, 2014).

Sul versante delle dipendenze, dalla selezione è emerso solo uno studio e riguarda un campione di adulti alcolisti (Shin, Shin, & Yeoun, 2012).

Infine, per quanto riguarda popolazioni cliniche che presentano condizioni di malattia intesa come alterazione fisiologica e/o strutturale dell’organismo, tre studi riguardano popolazioni affette da ictus o ipertensione (ad esempio Chun, Chang, & Lee, 2017) e due campioni di individui affetti da dolore cronico o fibromialgia (Verra et al., 2012). Significativa è la presenza di studi comprovanti l’efficacia dei trattamenti per coloro che sono affetti da demenza tipo Alzheimer, tra i quali si segnala un intervento destinato a soggetti affetti da demenza precoce (Hewitt, Watts, Hussey, Power, & Williams, 2013). I restanti sette articoli utilizzano campioni di soggetti affetti da altre condizioni mediche come obesità (2 articoli), sindrome metabolica, vulnerabilità allo sviluppo di asma o malattie respiratorie, l’essere sopravvissute a un cancro al seno, sedentarietà sul luogo di lavoro e infine un campione di pazienti in riabilitazione dopo un intervento chirurgico.

4.      Teorie di riferimento

La maggior parte degli studi selezionati parte da un quadro di riferimento misto che considera sia i quadri teorici adottati che le evidenze disponibili sull’efficacia dei trattamenti NBT.

L’Attention Restoration Theory (33 occorrenze; Kaplan & Kaplan, 1989) risulta essere la teoria maggiormente citata tra quelle che esplicative degli effetti positivi a livello fisico e psicologico del contatto con gli ambienti naturali. Gli autori distinguono due tipi di attenzione: un’attenzione involontaria, catturata da stimoli esterni significativi e che non richiede sforzo di mantenimento, e un’attenzione volontaria, che recluta processi cognitivi di controllo e che richiede un investimento di risorse per essere mantenuta.  Il contatto con gli ambienti naturali permetterebbe di esercitare l’attenzione involontaria, catturata dagli stimoli dell’ambiente naturale, permettendo un recupero delle risorse necessarie ai processi di attenzione volontaria. Nello specifico, il contatto con l’ambiente naturale tende a stimolare un processo di rigenerazione dell’attenzione che passa dalle fasi di esaurimento derivanti dal sovrautilizzo dell’attenzione volontaria (directed attention fatigue), all’utilizzo dell’attenzione involontaria (effortless attention), in chiave rigenerativa (restored attention).

Segue, per frequenza di citazione, la Stress Reduction Theory (19 occorrenze; Ulrich, 1993), che adotta un quadro concettuale meno specifico, mantenendo tuttavia premesse di fondo dell’Attention Restoration Theory. Secondo tale teoria, l’esposizione agli ambienti naturali ridurrebbe il livello di stress dell’individuo grazie al minor carico cognitivo che la persona sperimenta in questi contesti.

Seguono la  Nature Therapy Theory (5 occorrenze; Miyazaki et al, 2011), l’Ipotesi della biofilia (4 occorrenze; Wilson, 1986), e la Supportive environment Theory (1 occorrenza; SET; Grahn e Stigsdotter, 2010). Il modello bio-psico-sociale di Engel (1 occorrenza; Engel, 1977) e la Teoria Ecologica (1 occorrenza; Bronfenbrenner, 1979) sono le uniche due teorie usate per spiegare in che modo la persona è inserita all’interno dei sistemi di cui fa parte, tra i quali anche l’ambiente naturale, e di come tali sistemi interagiscano tra loro nel determinare le conseguenze a livello individuale -e per estensione, sociale- degli interventi.

Pochi studi si interessano al livello dei processi individuali responsabili degli esiti degli interventi. Le teorie usate a questo scopo sono la teoria del Place Attachment (1 occorrenza; Low & Altman, 1992), la teoria del Place Identity (1 occorrenza; Proshansky, Fabian, & Kaminoff, 1983) e il Green Exercise Framework (1 occorrenza; Mackay & Neill, 2010), quest’ultimo per quanto riguarda l’interazione tra l’esercizio fisico e l’ambiente naturale in cui esso viene svolto.

Dal punto di vista dei comportamenti di salute attuabili negli ambienti naturali (esercizio fisico, consumo di verdure etc.) e oggetto di apprendimento tra gli articoli selezionati emergono due modelli, ciascuno con una sola occorrenza: il Modello dell’apprendimento esperienziale (Parmer, Salisbury-Glennon, Shannon, & Struempler, 2009) e l’Information–Motivation–Behavioral skills model (IMB; Fisher & Fisher, 1992). Infine, si rilevano due studi che associano l’intensità degli effetti alla durata dell’esposizione all’ambiente naturale (Shanahan, Fuller, Bush, Lin, & Gaston, 2015).

5.      Macroarea: 1. Gardening 2. Natural Environment Therapies

Per ‘macroarea’ si intende il dominio generale di applicazione dell’intervento. In questo modo è possibile distinguere gli studi effettuati con interventi che implicano attività fisica impiegata nella cura di piante o vegetali in un appezzamento di terra o in vaso (Gardening), dagli studi che si concentrano su interventi che sfruttano l’ambiente naturale in altri modi, che possono andare dalla fruizione passiva di un paesaggio naturale o parte di esso, alla semplice passeggiata nella natura, fino ad attività più complesse e strutturate in ambienti naturali e che prevedono sessioni di psicoterapia (Natural Environment Therapies). Per quanto riguarda gli studi selezionati la maggioranza (64) è stata effettuata su attività riconducibili alle Natural Environement Therapies, dei restanti studi 27 riguardano il Gardening, mentre i restanti studi (2) sono pertinenti ad entrambe le macroaree.

Per i riferimenti bibliografici organizzati in macroaree, tipologie e programmi di intervento si rimanda alla bibliografia ragionata.

6.      Tipologia di intervento (Horticultural therapy, Garden therapy etc.)

Gli interventi attuati negli studi considerati spesso presentano etichette diverse ma composizione simile (se non identica) per quanto riguardano fasi ed elementi dell’intervento, con la tendenza a usare i termini ‘Forest Therapy’ e ‘Forest Bathing’ in maniera equivalente. Laddove l’intervento non è specificato, come accade in molti studi correlazionali, si è scelto di utilizzate l’etichetta ‘Esposizione ad ambiente naturale’.

La maggiore parte degli interventi risultano essere di Forest Therapy e Forest Bathing (26), seguiti da Esposizione ad ambienti naturali (16), Orticultura (13). Seguono poi gli interventi basati sul Gardening (6) e camminata di gruppo (8).

Tra i rimanenti sono presenti i ‘programmi’, ovvero interventi che aggiungono elementi di varia natura (artigianato, counseling, mindfulness o altro) come il Forest Therapy Program (4), il Forest Bathing Program (2), Nature-Mind-Body-Community (2), Orticoltura e Healing Garden (2) e, infine interventi vari che integrano componenti dei diversi interventi citati in contesto individuale o di gruppo in setting residenziali, all’aperto o outdoor (13).

7.      Scopo

Tutti gli studi intendono rilevare l’impatto degli ambienti naturali su indici di salute e funzionamento psicologico e/o fisico. Tra di essi, gli studi volti specificatamente a testare l’efficacia dell’intervento sono una minoranza (19). In misura ancora minore figurano gli studi formulati con l’obiettivo esplicito di rilevare quali caratteristiche dell’ambiente naturale inteso nel senso più ampio (estensione delle aree verdi, caratteristiche dell’habitat, stagionalità degli effetti etc.) abbiano un impatto sull’individuo (9), nonchè gli studi a metodo misto, che esplicitamente si pongono l’obiettivo di indagare anche la percezione soggettiva dei partecipanti (1).

8.      Programmi e caratteristiche principali

Tra gli studi selezionati per la rassegna emergono diversi tipi di intervento. Ai semplici interventi di Forest Bathing e di Gardening/Orticoltura e loro variazioni sul tema, che includono pochi elementi ulteriori (74) si aggiungono infatti interventi con protocolli strutturati che prevedono attività ulteriori (mindfulness, cucina, camping etc) integrate all’interno di setting specifici.

I diversi programmi di intervento, che facciano parte della macroarea delle Natural Environment Therapies oppure del Gardening, possono presentare un’articolazione semplice o complessa in termini di numero di sessioni, composizione delle stesse, interventi da attuare etc. Pertanto i confini tra un programma e l’altro sembrano a volte poco chiari. Per ragioni di chiarezza espositiva si è pertanto provveduto a organizzare i diversi interventi sotto alcune categorie rappresentative, raggruppando quelli che sembrano condividere gli aspetti fondamentali dell’intervento, ma con specifiche diverse. Ciò che si perde in termini di informazione si guadagna così in sintesi e possibilità di trovare integrazioni feconde tra i programmi applicati nei diversi studi.

NATURAL ENVIRONMENT THERAPY (NET)

Il programma più diffuso nella macroarea delle NET è la Forest Therapy ‘standard’, che nelle sue caratteristiche principali consiste in 15-20 minuti di camminata solitaria in ambiente naturale, in più sessioni distribuite nell’arco di una settimana, con un minimo di due sedute, anche più volte al giorno. Può essere prevista una sessione di osservazione del paesaggio, da fermo, della durata di almeno 15 minuti.

Altro intervento di area NET è l’Healing garden, che prevede passeggiate all’interno di un giardino o di un parco attrezzato in modo da incoraggiare il coinvolgimento e l’elaborazione riflessiva di chi lo frequenta tramite la segnalazione di punti di osservazione suggestivi, il posizionamento di ‘memory box’ e altri elementi architettonici o ornamentali (fontane, aiuole etc.), insieme a piccoli appezzamenti di giardinaggio/orticoltura.

A questi interventi si associano delle varianti che prevedono parametri diversi per le uscite (durata, frequenza, individuali/di gruppo) come anche eventuali attività associate ad esse (mediatazione, psicoeducazione,attività fisica, arte e musicoterapia etc.).

Altri interventi, infine si caratterizzano come programmi di intervento di varia complessità, che possono presentare elementi di arteterapia (Nature-Based Group Art Therapy), avere setting diverso da quello terapeutico (Walks for work). Altri programmi possono associare pratiche di riflessione (Stroll for Well-being Program), mindfulness e/o di grounding (Nature-Based Mindfulness Training, Restoration skills training) oppure protocolli orientati a disturbi specifici (Coping with Depression, Trauma Wilderness Therapy program) o, infine, programmi orientati a stimolare nei partecipanti particolari esperienze in setting di gruppo (Woodland for Health; Wildman Programm, Forest Therapy Camp; The National Youth Science Camp) e che prevedono la presenza di personale tecnico specializzato (guide, psicologi, counselor, insegnanti), con sessioni indoor e outdoor.

GARDENING

Gli interventi e i programmi che appartengono a quest’area prevedono attività di giardinaggio (Gardening ‘standard’) o di coltivazione dell’orto (Orticoltura).

Gli interventi di Gardening ‘standard’ prevedono almeno una sessione di giardinaggio alla settimana, con una durata dai 20 minuti alle 2 ore. Le attività principali coinvolte (pulire l’area di giardinaggio, scavare, fertilizzare, rastrellare, piantare/trapiantare le piante, innaffiare) permettono di integrare livelli moderati di attività fisica con attività cognitiva ed esperienza sensoriale, e le evidenze ne mostrano i benefici anche in presenza di malattie neurodegenerative. La durata totale di un intervento è variabile e può arrivare fino a otto settimane. Sono previste varianti di tipo ‘passivo’, ad esempio fornendo contenitori auto-irriganti già impiantati, oppure attività di composizione floreale e condivisione delle esperienze da attuare in contesto ospedaliero (Flowering).

Gli interventi di Orticultura ‘standard’ (STH – Social Therapeutic Horticulture) concernono le attività di gardening ma in un orto e per la cura dei suoi prodotti. La durata massima è di 90 giorni, con incontri da una 1 a 3 volte alla settimana. Una sessione può durare fino a cinque ore e mezza, con pause, e può essere in forma individuale o di gruppo. Sono previsti briefing pre-post attività e discussioni di gruppo. A differenza del gardening ‘standard’ è prevista la presenza di staff (volontari, terapisti). Le sue varianti possono prevedere un’articolazione più complessa, che preveda l’intervento di altre professionalità (medici, architetti del paesaggio etc.), attività di psicoeducazione, mindfulness e l’integrazione con l’arteterapia.

I programmi passati in rassegna possono prevedere elementi aggiuntivi oltre alla cura dell’orto e includere attività di condivisione di gruppo (Everlasting Greenery Horticultural Experience), oppure attività di mentoring, con il coinvolgimento di enti pubblici e/o privati  (Home-based vegetable gardening intervention) o l’implementazione del programma per specifiche categorie di soggetti, ad esempio disoccupati o in aspettativa dal lavoro (Four Cleaf Clover Programme). In relazione a specifiche condizioni mediche o psichiatriche sono state rilevate evidenze dei benefici dell’orticoltura di gruppo associata a terapia del dolore (Zurzach Interdisciplinary Pain Program; ZISP), su pazienti affetti da condizioni di stress particolarmente gravose (Nature Based Rehabilitation Program), così come infine per pazienti anziani affetti da demenza, in centri diurni o residenziali, allo scopo di moderare il decorso della malattia e allo stesso tempo sostenerne l’autonomia (Green care farm).

Infine, si segnalano programmi attuabili in contesto scolastico o nei doposcuola, per bambini e adolescenti, e che coinvolgono il complesso scolastico e le figure che operano in esso, prevedendo sessioni di educazione, formazione e discussione di gruppo sia per gli alunni che per gli insegnanti (Healthy gardens Healthy youth; Royal Horticultural Society Program; Stephanie Alexader Kitchen Garden Program). Va segnalato che in genere i programmi di orticoltura hanno una durata sensibilmente maggiore rispetto a quelli di gardening, e possono prevedere, soprattutto nel caso di programmi attuati in contesto scolastico, anche durata superiore all’anno.

9.      Caratteristiche naturali che incidono maggiormente

La maggior parte degli studi non si sofferma in maniera adeguata sulle caratteristiche dell’ambiente che potrebbero determinare gli effetti salutogeni, o perché le ignorano, o perché non si concentrano su variabili specifiche, oppure infine perché non distinguono empiricamente tra effetto dell’ambiente ed effetto dell’attività fisica nella natura (63). Gli studi che invece le trattano in maniera adeguata aprono una finestra su variabili che in studi futuri potrebbero essere utilizzate per spiegare i meccanismi di efficacia degli interventi e dei programmi, come covariate o variabili indipendenti.

Tra questi ultimi si rilevano determinanti caratteristiche fisiche e biologiche dell’ambiente, quali la luce solare e l’illuminazione, gli aspetti legati al clima (stagione, temperatura, umidità, calore radiante, velocità del vento), i suoni dell’ambiente naturale, e infine la biodiversità (flora e fauna). Rispetto all’architettura paesaggistica sono considerate la disponibilità di aree verdi all’esterno, la pendenza del terreno, l’ampiezza delle aree verdi. Altri considerano invece il tempo di esposizione nella natura, concettualizzabile con il framework dose-risposta. Altri, infine, segnalano alcuni composti volatili rilevati nell’aria, mostrando che effetti benefici degli ambienti naturali si presentano in concomitanza con livelli superiori di ioni ossigeno positivi e negativi, composti volatili organici (oli essenziali) e infine livelli inferiori di inquinamento dell’aria.

10.    Percezione dell’esperienza di benessere da parte dei partecipanti

Ci si è poi interessati a quali fossero gli elementi dell’esperienza che i partecipanti considerassero maggiormente come fonte di effetti salutogeni, allo scopo di comprendere quali fossero gli elementi di giudizio e valutazione soggettivi che entrano in gioco negli interventi considerati. Gli elementi maggiormente citati risultano essere il fatto di poter avere più relazioni sociali, essere parte di un gruppo, condividere qualcosa e l’occasione di poter avere supporto sociale per fronteggiare i propri problemi (10), cui seguono la percezione di pace, calma e relax (9), il senso di compiere qualcosa, il senso di riconoscimento per il lavoro fatto, identità e autonomia (soprattutto per attività nell’ambito Gardening; 8) e la cura degli ambienti naturali (8). A queste tematiche si associa il beneficio percepito di avere tempi e spazi strutturati (4) e della cooperazione/gioco di gruppo (4) Ad esse seguono poi la percezione dagli ambienti naturali a livello dei 5 sensi (toccare, odorare, gustare, udire, vista (6) e il fascino esercitato dagli ambienti (2). Seguono poi la percezione di vitalità, energia ed emozioni positive sperimentate durante e in seguito all’attività (4). Alcuni partecipanti percepiscono una migliore qualità della vita al post-intervento (1) e di essersi sollevati dallo stress e dalla frenesia dell’ambiente cittadino (2), altri ancora si percepiscono rigenerati (2) e di aver ottenuto benefici per la salute (1). In alcuni dei programmi dove sono previste attività, i soggetti affermano che i benefici provengano dall’attività fisica, dal sentirsi attivi e in forma (5); in alcuni dei programmi di orticultura con consumo degli ortaggi, invece, i partecipanti vedono i benefici di avere una dieta più sana (3). A queste percezioni infine seguono la prossimità (1), la fruibilità (1) e la possibilità di visitare gli ambienti naturali (1) la percezione/conoscenza della biodiversità (1). In due programmi i soggetti percepiscono di aver ottenuto beneficio di poter fronteggiare in modo diverso la malattia e di aver sviluppato aspettative ddi miglioramento rispetto ad essa (2). In uno studio infine dalle interviste con i partecipanti emergono tematiche quali consapevolezza, possibilità, transizione, connessione, viaggio, fiducia, gioia, libertà, perdono, riflessione, gratitudine, pienezza dell’esperienza.

11.    Strumenti di valutazione utilizzati

Per dare ordine alla varietà di strumenti che sono stati utilizzati dai diversi autori si è ritenuto di organizzarli in aree tematiche: salute generale, fisiologia, dieta, caratteristiche delle aree verdi, attività fisica e uso delle aree verdi, distress e patologie da stress lavoro-correlato, qualità della vita e benessere (sociale, spirituale, abitudini), funzionamento cognitivo e funzionamento nel quotidiano, funzionamento familiare,   percezione di rigenerazione/connessione con la natura/consapevolezza/vitalità, resilienza/coping/ autoefficacia/autostima, ansia e depressione, disagio e psicopatologia, domande ad hoc tematizzate. Gli strumenti utilizzati dagli studi selezionati suddivisi per aree sono riportati nella tabella in appendice (Appendice 1).

12.    Efficacia terapeutica  

Di seguito si riportano i principali risultati ottenuti dagli studi considerati.

Rispetto all’area psicologica si rilevano punteggi migliori in: salute mentale (umore, ansia, depressione etc.; 57); funzionamento psicologico (autostima, ottimismo/pessimismo, autoefficacia, etc.; 13); funzionamento cognitivo (8); funzionamento familiare (1); stress e patologie connesse (8); nella percezione di recupero/rigenerazione psicologica (4);  in vitalità/energia (8); nella percezione di benessere soggettivo/qualità della vita (17); e infine nella percezione più viva delle sensazioni (1).

Nell’area dell’attività fisica gli studi che la considerano rilevano un aumento della frequenza e/o intensità dell’attività fisica (12) e una maggiore frequenza e/o durata della frequentazione di aree verdi (3).

Rispetto alla risposta fisiologica allo stress (misure fisiologiche e biomarcatori) e alla malattia gli studi rilevano una riduzione indicatori di patologia fisica o minore probabilità di incorrere in patologia fisica (8): punteggi migliori in risposta fisiologica allo stress (20) e migliori livelli sui biomarcatori di stress/patologia (12)e della risposta immunitaria (5).

Alcuni studi testano ipotesi statistiche più complesse come ad esempio effetti di mediazione, moderazione, relazione dose-risposta o altro (9).

Pochi studi sembrano mantenere i risultati al’ follow-up (4).

Infine, un buon numero di essi non rileva le differenze attesa tra condizione sperimentale e di controllo su una o più variabili (13).

13.    Follow-up

Nella maggior parte degli studi manca una rilevazione di follow-up post intervento (73), mentre in quelli restanti il numero di studi che presenta almeno una rilevazione di follow-up da due settimane a sei mesi dopo l’intervento (14) è superiore al numero di studi che presentano almeno una rilevazione oltre il periodo di sei mesi (9), con alcuni studi che presentano molteplici rilevazioni lungo entrambi periodi considerati (4).

14.    Effetti e implicazioni a medio e lungo termine

Considerare gli effetti e le implicazioni a lungo termine di un trattamento permette di orientare la ricerca e la sperimentazione su di esso verso ciò che ancora non è chiaro e va indagato ulteriormente oppure, rispetto a ciò che si è mostrato efficace, verso la sua applicazione al contesto sociale più ampio per beneficiarne la comunità.

Nel primo caso molti studi concordano sulla necessità di indagare quali altre variabili (psicologiche e ambientali oppure meccanismi di fondo) possono essere responsabili o coinvolte negli effetti del trattamento considerato nello studio, anche tramite metodi misti se auspicabile (33). Rispetto al disegno di ricerca gli elementi di ricerche future dovrebbero per molti autori focalizzarsi su studi longitudinali (24), utilizzare campioni più ampi (18) e aumentare la diversità sociodemografica nei campioni oppure tra i gruppi indagati (11). In relazione a quest’ultimo caso si auspica inoltre lo studio di interventi di natura preventiva e/o con popolazioni vulnerabili (11). Altre questioni importanti rispetto al disegno di ricerca sembrano infine essere la necessità di studiare gli effetti di potenziali variabili moderatrici o mediatrici (5), di effettuare studi comparativi con altri trattamenti (5), infine di implementare interventi NBT in contesti residenziali o centri diurni (5). e in hospice (1). In ogni caso, sembra che gli interventi in aree verdi siano più efficaci se fuori dal contesto urbano (1).

Rispetto alle variabili dipendenti molti studi suggeriscono di proseguire le indagini a livello fisiologico e dei biomarker (16), di valutare impatto degli interventi sullo sviluppo infantile (3) e di indagare le percezioni dei partecipanti agli interventi (2)

Rispetto all’efficacia degli interventi solo uno studio rileva un effetto ampio e quindi l’intervento desiderabile (1), mentre altri invece suggeriscono di studiare gli effetti di trattamenti complessi che affianchino alla forest theraphy o al gardening/orticoltura altri trattamenti, come ad esempio mindfulness, counseling o altro (4). Gli interventi sembrano funzionare a breve termine (3) che a lungo termine (3), e sembrano facilmente attuabili anche in contesti domiciliari (2), sebbene servono comunque studi che indaghino la differenza tra benefici cronici e acuti (2) e studi che indaghino gli effetti al follow-up (2). Sembra inoltre che per pazienti con gravi patologie per apprezzare adeguatamente gli effetti dei trattamenti servano interventi di durata maggiore (4), ponendo la questione di come motivare il soggetto a parteciparvi (4). Un ruolo motivante sembra averlo il fatto di controllare il livello e la frequenza dell’attività fisica con accelerometri o podometri (1).

Se nello studio vengono rilevate variabili qualitative e quantitative insieme, a volte sono presenti discrepanze tra i risultati delle rilevazioni e ciò potrebbe essere oggetto di interesse per studi successivi (2) che inoltre potrebbero indagare anche gli effetti della biodiversità (2).

Altri suggerimenti per le ricerche futuro riguardano: il comprendere perché l’uso passivo delle aree verdi non è associato al benessere (1), indagare la relazione tra esercizio nelle aree verdi e benessere (1), operazionalizzare il valore olistico di stare negli ambienti naturali (1) e considerare come negli interventi di orticoltura i cambiamenti nello stile alimentare riguardo al consumo di frutta e verdura siano limitati (1).

Data l’efficacia degli interventi selezionati, si rileva in molti studi un comune accordo nel suggerire di sollecitare l’adozione di interventi basati sulla natura a livello private e di politiche pubbliche (13).

15.    Limiti

Si elencano, infine i limiti che emergono maggiormente dagli studi in base a quanto affermato dagli autori. Predomina l’idea che non siano state considerate eventuali covariate o variabili ambientali necessarie ad aumentare il potere esplicativo del modello studiato (40) insieme alla consapevolezza che lo studio non disponga di adeguata potenza statistica (campione ridotto o misure inattendibili; 29) e che spesso i campioni non siano abbastanza diversificati dal punto di vista sociodemografico (9). Infine per gli studi longitudinali un limite frequentemente riscontrato sembra essere  il tasso di attrito che caratterizza il campione (9).

In una buona parte degli studi si rileva come l’assenza di un gruppo di controllo o il fatto che gli interventi utilizzati per il gruppo sperimentale e quello di controllo siano in parte diversi possa distorcere gli effetti reali dell’intervento (13). Se invece il gruppo di controllo è presente alle volte l’assegnazione ai due gruppi non è randomizzata (6). A queste questioni si lega la generalizzabilità dei risultati, che infatti risulta essere un limite riscontrate in una buona parte degli studi (26).

Un altro limite considerato è la presenza di possibili bias e distorsioni (bias di selezione, distorsione da self-report, condizione di controllo non adeguata, fallacia ecologica; 13) come anche l’eventuale presenza di effetti dovuti alla stagione nella quale è stato effetttuato l’intervento (8).

Altri limiti rilevati, infine, sono il possibile mismatch tra i dati ottenuti dai questionari e dalle interviste (3), il no considerare altri ambiti nei quali l’intervento potrebbe essere efficace (3), il basso, il rischio che la strumentazione utilizzata per rilevare i parametri fisiologici non risulti adeguatamente attendibile (4), la presenza di  Ceiling/Floor effect per campioni di bambini in età evolutiva (3) e infine il fatto che un intervento di uno-due giorni, come gran parte degli interventi di Forest Therapy considerati, non permetta un adeguato apprezzameno degli effetti rilevati sulle variabili dipendenti considerate (7).

CONCLUSIONI

Il presente lavoro aveva lo scopo di fornire una rassegna rappresentativa della letteratura sugli interventi basati sulla natura (NBI), ovvero di interventi che fanno leva su elementi e caratteristiche degli ambienti naturali con l’obiettivo specifico di migliorare la salute e la percezione di benessere in popolazioni cliniche e non cliniche (Sempik & Bragg, 2013; Gaston, Ávila-Jiménez, & Edmondson, 2013).

Tali interventi vanno dalla semplice esposizione agli ambienti naturali per pochi minuti al giorno fino a programmi altamente strutturati in contesto misti (privato e pubblico) e con durata annuale.

Il contatto con l’ambiente naturale è ricco di stimoli che inducono soft fascination (panorami, vento tra le foglie, riflessi della luce, gli animali nella vegetazione) connessi alla percezione di rigenerazione (Ulrich, Simons, Losito, Fiorito, Miles e Zelson, 1991; Tennessen e Cimprich, 1995; Hernandez, Hidalgo, Berto e Peron, 2001; Purcell, Peron e Berto, 2001).

Tali effetti sono probabilmente mediati da caratteristiche indviduali, e la ricerca futura potrebbe indagare i meccanismi specifici per mezzo dei quali le caratteristiche individuali interagiscono con gli elementi dell’ambiente naturale.

Esiste infatti, ad esempio, una stretta relazione tra la percezione del grado di restorativeness di un ambiente e la preferenza ambientale: alti livelli di preferenza sono accompagnati da alti livelli di restorativeness e viceversa (Hernandez et al., 2001; Purcell et al., 2001). Tuttavia il grado di familiarità con l’ambiente non influenza la valutazione del suo grado di restorativeness (Hernandez et al., 2001). Sembrano inoltre non sussistere differenze dovute al genere (Peron, Berto e Purcell, 2002) o dovute all’età: adolescenti, adulti e anziani valutano gli ambienti naturali più rigenerativi rispetto ad ambienti artificiali (Berto, 2005).

Studi futuri potrebbero indagare con profitto i meccanismi implicati negli effetti rigenerativi dell’esposizione all’ambiente naturale.

Indipendentemente dal quadro teorico di riferimento adottato dai diversi autori citati all’interno di questa rassegna, il nesso tra esposizione alla natura e salute individuale sembra stabilito.

In generale, il cambiamento positivo è rilevato in tutti gli studi e per mezzo di una vasta gamma di misure compilate al pre e al post-trattamento (Vedi Appendice), e che indagano aree che vanno dal benessere soggettivo e qualità della vita, al disagio/psicopatologia, fino a disturbi e condizioni organiche che interessano l’area cognitiva, per ogni fascia d’età.

È noto che condizioni come come ansia, fluttuazioni disfunzionali del tono dell’umore, depressione maggiore e schizofrenia sono fino al 56% più comuni negli ambienti urbani rispetto a quelli rurali (Peen, Dekker, Schoevers, Ten Have, de Graaf, & Beekman, 2007), ed è stato suggerito che la densità urbana sia il fattore ambientale più importante per lo sviluppo di schizofrenia (Krabbendam & van Os, 2005), e responsabile di oltre il 30% dell’incidenza della stessa (Van Os, 2004). Data la consistente relazione tra schizofrenia e ambiente urbano, anche quando si controllano covariate come le caratteristiche sociodemografiche, la storia familiare, l’abuso di droghe e la dimensione della rete sociale, l’ipotesi di fondo è che l’ambiente urbano sia correlato a una maggiore incidenza di malattia, e che il meccanismo fondamentale potrebbe risedere nello stress imposto dall’ambiente urbano (Lederbogen, Haddad, & Meyer-Lindenberg, 2013; Van Os, Kenis, & Rutten, 2010).

Si è potuto rilevare, inoltre, che l’esposizione all’ambiente naturale comporta benefici cognitivi ed emotivi. Trascorrere del tempo nella natura, ad esempio, può migliorare la memoria di lavoro (Berman, Jonides, & Kaplan, 2008), ripristinare l’attenzione diretta (Berto, 2005) e moderare stati emotivi negativi (Park B-J et al., 2007; Tost et al., 2019). Gli effetti positivi, infine, sono osservati non solo per mezzo di variabili psicologiche, ma sono rilevati anche per mezzo di indicatori fisiologici dello stress, come ad esempio frequenza cardiaca, pressione sanguigna e cortisolo (Park, Tsunetsugu, Kasetani, Kagawa, & Miyazaki, 2010).

Ciò comporta, in accordo con il modello bio-psico-sociale della salute e della malattia (Engel, 1977) un approfondimento sui meccanismi neurobiologici responsabili della risposta individuale ‘positiva’ agli ambienti naturali.

Ricerche recenti forniscono dati significativi di questo tipo. Si rilevano, ad esempio, una riduzione della ruminazione contestuale alla riduzione dell’attività della corteccia prefrontale subgenuale (sgPFC) in seguito ad una camminata in contesto naturale (vs urbano), come anche un significativo decremento dell’attività amigdaloidea bilaterale, in risposta alla somministrazione di compiti stressanti e volti paurosi in seguito ad una camminata di 60 minuti all’aria aperta (Lederbogen et al., 2011; Bratman, Hamilton, Hahn, Daily, & Gross, 2015).

Una significativa interazione tra tempo di esposizione all’esterno e decremento dell’attività amigdaloidea si osserva anche in risposta a task stressanti dopo 60 minuti di green walking. Non essendo invece riscontrata alcuna interazione significativa tra tempo di esposizione al verde e attività della corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC) e corteccia cingolata anteriore (ACC), alcuni autori sostengono che l’amigdala sia la regione chiave connessa agli effetti positivi a livello fisiologico e psicologico dell’esposizione ad ambienti naturali (Jhang, Lee, Kang, Lee, Park, & Han, 2018; Lowry & Hale, 2010).

Ricerche future potrebbero interessarsi all’approfondimento di questi risultati, indagando gli effetti di interventi più complessi e per popolazioni diverse.

Si spera che la presente rassegna possa essere un valido contributo per la promozione di ricerche ulteriori e per la progettazione di interventi, in ambito privato e istituzionale, volti al sostegno della salute e del benessere delle persone. Essi, tutto sommato, sono fondati sull’originaria idea di vis medicatrix naturae che il patrimonio culturale di ogni tempo e luogo ha saputo, fortunatamente, custodire. La ricerca sul tema conferma la forza di questa intuizione fondamentale.

AREA TEMATICA  STRUMENTI DI RILEVAZIONE
SALUTE GENERALEInternational study of Asthma and allergenes in childhood questionnaire (Beasley et al. 1998; Bonner et al. 2006); Visual analog scale (VAS; Hawker, 2011); Patient Health Questionnaire (PHQ-2; Kroenke et al, 2004); The West Haven-Yale Multidimensional Pain Inventory (MPI; Kerns et al, 1985); Self-Assessment of Change (Thompson et al., 2011); General Health Questionnaire (Goldberg, Williams, 1998); SF-36 (Ware, 1992); SF-12 (Ware et al, 1996); SF-8 health questionnaire SF8 (Ware et al, 2001)
FISIOLOGIACVD risk score (D’Agostino et al, 2008)
DIETA Child and Diet Evaluation Tool (CADET; Christian et al., 2015)
CARATTERISTICHE DELLE AREE VERDIQuestionario sulla biodiversità percepita (Fuller et al., 2007); Misure di complessità della vegetazione; Indici di ampiezza della vegetazione basati su immagini satellitari e rilievi urbanistici, geolocalizzazione
ATTIVITÀ FISICA E USO DELLE AREE VERDIGreen user scale (McFarland et al, 2008); Girls Health Enrichment Multi-site Study (GEMS) Activity Questionnaire (GAQ; Treuth et al. (2004); Physical Activity Research & Assessment tool for Garden Observation (PARAGON; Myers & Wells, in press); Resoconti settimanali di frequenza/durata/distanza coperta/ambiente dove si svolge la camminata; International Physical Activity Questionnaire Long o Short Form (Craig et al. 2003; IPAQ Research Committee, 2005); Physical Activity Readiness Questionnaire (PAR-Q; Thomas et al, 1992); Prove di performance e funzionalità fisica; Senior Fitness Test (Rikli and Jones, 2013); Indicatori di attività metabolica (MET); Godin Leisure-Time Exercise Questionnaire (Godin, 2011); Physical Activity Readiness Questionnaire (PAR-Q; Canadian Society for Exercise Physiology, 2002); Back Performance Scale (BPS; Strand et al, 2002; 1); Global Physical Activity Questionnaire GPAQ (Armostrong et al., 2006); Dati da accelerometro e pedometro; Perceived exertion scale (Borg, 1970); Scottish Physical Activity Screening Question (Scot-PASQ; Mutrie et al., 1999)
DISTRESS E PATOLOGIE DA STRESS LAVORO-CORRELATOMaslach Burnout Inventory-General Survey (Pines and Aronson, 1988); Worker’s Stress Response Inventory (WSRI; Choi et al., 2006); Recovery Experience Questionnaire (Sonnentag & Fritz 2007); Cohen’s Perceived Stress Scale (PSS; Cohen et al , 1983); Stress scale (Han ,1996); Kessler Psychological Distress Scale K6 (Kessler et al 2010); K-10 Psychological Distress Scale (Kessler et al, 2002); Shirom-Melamed Burnout Questionnaire (SMBQ; Melamed et al, 1992); numero di  richieste per assistenza totale e per malattia; Pool Activity Level (Allen et al 2007)List of Threatening Experiences (Brugha et al, 1990)
QUALITÀ DELLA VITA E BENESSERE (SOCIALE, SPIRITUALE, ABITUDINI)KIDSCREEN-10 measure (KIDSCREEN Group Europe, 2006) ; Bradford Well Being Profile (Bradford Dementia Group 2008); Quality of  life scale in adults with cronic illnesses (Burckhardt, Clark, & Bennett, 1993); Mysticism Scale (Hood, 1975); Senso di pienezza (Irvine, 2004); Positive Relations with Others Scale (Ryff et al., 1994); HealthPromoting Lifestyle Profile II (HPLPII; Seo et al, 2004); Perceptions of residential quality (PREQ) scale (Bonaiuto et al. 1999); Social health (sampson et al 1997, 2015; Bullen e Onyx, 1998); Herth Hope Index (HHI; Herth,, 1992); Personal Wellbeing Scale (Pais-Ribeiro and Cummins 2008); Subjective happines scale (Pais-Ribeiro 2012); Life satisfaction measure (Office of National Statistics, 2011); Interpersonal Support Evaluation List (ISEL; Cohen et al., 1985); Quality of Life Instrument (DEMQOL and DEMQOLProxy; Smith et al, 2005); EuroQol Visual Analog Scale (EQ-VAS; Obradovic et al., 2013); Psychological General Well-Being Index (PGWB; Dupuy et al, 1984); Ryff Scales of Psychological Well-Being (Ryff, Keyes, 1995); Satisfaction with Life Scale (SWLS; Diener et al, 1985); Friendship Scale (Hawthorne, 2006); Warwick Edinburgh Mental Well-being Scale (WEMWBS; Tennant et al, 2007) Subjective well-being: Short Warwick and Edinburgh Mental Well- Being Scale – SWEMWB (Tennant et al., 2007); Development of Health and Life Habit Inventory (DIHAL.2; versione giapponese, Tokunaga, 2005); World Health Organization WHO5, WHOQOL-BREF o WHOQOL 26 ; Sociality survey (Song , 2000; Seok, 2005).
FUNZIONAMENTO COGNITIVO E FUNZIONAMENTO NEL QUOTIDIANOCompito di appaiamento nome-immagine; Clinical Dementia Rating (CDR; Morris, 1993); Montreal Cognitive Assessment (MoCA; Nasreddine et al., 2005); Rey Auditory-Verbal Learning Test (RAVLT; Rey, 1941); Digit Span Task (Wechsler, 1997); Colour Trails Tests (D’Elia et al, 1996); Block design (Wechsler,1997); Differenziale semantico (Osgood et al, 1954); Span inverso (BDS; Wechsler, 1945); N-back test(Jaeggi et al., 2010); Attentional network test,  (Rueda, 2005); Priming per indurre ruminazione; Letter–Digit Substitution Test (LDST; van der Elst, van Boxtel, van Breukelen, & Jolles, 2006); Trail-Making Test (TMT; Lezak, 2004; Reitan, 1958; Tombaugh, 2004); Attention quotient (ATQ) e Anti-stress quotient (ASQ; Peniston,et al, 1993); Dementia care mapping (University of Bradford, 2016); Large Allen Cognitive Level Screen (Allen & Williams, 2007); Mini Mental State Examination (Folstein et al 1976) Bristol Activities of Daily Living Scale (BADLS;Bucks et al 1996); Global deterioration scale (Reisberg, Ferris, De Leon, Crook 1988); Barthel ADL Index (Collin, Wade, Davies, Horne, 1988)
FUNZIONAMENTO FAMILIARENational Association of Therapeutic Schools and Programs (NATSAP) Adolescent Questionnaire, Parent Questionnaire, and Staff Questionnaire Y-OQ-SR 2.0 (Wells et al., 2003) e Y-OQ 2.01 (Burlingame et al., 2005); Family Assessment Device General Functioning Scale (FAD-GF; Epstein, Baldwin, & Bishop, 1983)
PERCEZIONE DI RIGENERAZIONE CONNESSIONE CON LA NATURA, CONSAPEVOLEZZA E VITALITÀSituational Self-Awareness(Govern and Marsch, 2001); Perceived Restorativeness Scale (Hartig et al 1997); Place attachment (Fuller et al., 2007); Senso di sicurezza percepito nella natura (Fuller et al., 2007); Connectedness to Nature Scale (CNS; Mayer & Frantz, 2004); Subjective Vitality Scale (Ryan et al, 2010); Restorative Outcome Scale (ROS; Korpela  et al, 2008); Nature relatedness scale (Nisbet et al , 2009)
RESILIENZA, COPING, AUTOEFFICACIA, AUTOSTIMASukemune-Hiew Resilience test (SHR; Sukemune, 2007); The Ego-Resiliency Scale (Block and Kremen, 1996); Sense of coherence scale (SOC-L9; Antonovsky, 1979);The Freiburg mindfulness inventory (FMI; Walach et al., 2006); Lazarus-type stress coping inventory (SCI) questionnaire (The Japanese Health Psychology Institute, 2006); CD-RISK (Campbell-Sills et al, 2007); Coping Strategies Questionnaire (CSQ; Rosentstiel, Keefe, 1983); Modified Revised Scale for Caregiving Self-Efficacy (Steffen et al., 2002); Youth Life Skills Inventory (Robinson & Zajicek, 2005); Rosenberg Self-esteem scale (Rosenberg, 1985); Personal Growth initiative scale  (Robitschek, 1998); Adult Hope Scale (Snyder et al., 1991)
ANSIA E DEPRESSIONEKorean Version of the Short Form of Geriatric Depression Scale (Ki, 1996); State-trait Anxiety Inventory (Spielberger, 1983); Beck Depression Inventory (BDI;Beck et al 1971); Beck Anxiety Inventory (Beck et al, 1988); Hamilton Depression Rating Scale (HDRS; (Hamilton, 1960); Major Depression Inventory (MDI; Olsen et al 2004); Montgomery–Åsberg Depression Rating Scale (MADRS; Montgomery & Åsberg, 1979); Depression Anxiety Stress Scale (DASS21; Lovibond & Lovibond, 1995); The Cornell Scale for Depression in Dementia (SCDD; Alexopoulos et al, 1988;); Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS; Zigmond , Snaith, 1983); Zung Self-Rating Depression Scale (SDS; Zung 1965); Zung Self-Rating Anxiety Scale (SAS; Zung, 1971)
DISAGIO, PSICOPATOLOGIACircumplex model: activated–unpleasant (AUP) and unactivated– pleasant (UAP) affects (Knez and Hygge, 2001); Positive and Negative Syndrome Scale (PANSS; Kay et al, 1987); Brief Psychiatric Rating Scale (BPRS; Overall, Gorham, 1962); Swedish Core Affect Scale (SCAS; Västfjäll, Friman, Gärling, & Kleiner, 2002); Symptom checklist 90 (SCL-90; Derogatis, 1994); The Cohen-Mansfield Agitation Inventory (CMAI; Cohen-Mansfield et al., 1989); Brief Symptom Inventory (BSI, Derogatis, Melisaratos, 1983); Profile of Mood State (McNair et al 1971); Positive and Negative Syndrome Schedule (PANAS; Watson et al 1988)
DOMANDE AD HOC (TEMI)Salute corporea; esiti dell’intervento; ambiente naturale di esposizione o attività fisica;  frequenza di visita alle aree verdi; item su temi come stress, salute, benessere; presenza assenza di sintomi; atteggiamenti verso esperienze nell’ambiente naturale; stress pre-post intervento; frequenza e durata dell’attività fisica; interviste; ecological momentary assessment con domande da  diversi questionari; sulla motivazione; check list sui benefici attesi a livello biologico, psicologico e sociale; su abitudini alimentari; questionario ad hoc per misurare esito  (Christian, Evans, Nykjaer, Hancock, & Cade, 2012) 
Appendice 1

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NATURAL ENVIRONMENT THERAPIES: PROGRAMMI SPECIFICI

Coping With depression (Lewinsohn, Muñoz, Youngren, & Zeiss, 1986): Korpela, K. M., Stengård, E., & Jussila, P. (2016). Nature walks as a part of therapeutic intervention for depression. Ecopsychology, 8(1), 8-15.

Forest Therapy Camp: Shin, W. S., Shin, C. S., & Yeoun, P. S. (2012). The influence of forest therapy camp on depression in alcoholics. Environmental Health and Preventive Medicine, 17(1), 73–76. https://doi.org/10.1007/s12199-011-0215-0

Nature-based – mindfulness training: Lucke, C., Braumandl, S., Becker, B., et al. (2019). Effects of nature-based mindfulness training on resilience/symptom load in professionals with high work-related stresslevels:Findings from the WIN-study. Mental Illness, 11(2), 20–24

Nature-Based Rehabilitation Programme: Sahlin, E., Ahlborg, G., Tenenbaum, A., & Grahn, P. (2015). Using nature-based rehabilitation to restart a stalled process of rehabilitation in individuals with stress-related mental illness. International Journal of Environmental Research and Public Health, 12(2), 1928-1951.

Park-Prescription intervention (Uijtdewilligen et al., 2019): Müller-Riemenschneider, F., Petrunoff, N., Yao, J., Ng, A., Sia, A., Ramiah, A., … & Uijtdewilligen, L. (2020). Effectiveness of prescribing physical activity in parks to improve health and wellbeing-the park prescription randomized controlled trial. International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, 17(1), 1-14.

Restoration skills training: Lymeus, F., Lindberg, P., & Hartig, T. (2018). Building mindfulness bottom-up: Meditation in natural settings supports open monitoring and attention restoration. Consciousness and cognition, 59, 40-56.

Stroll for Well-Being: McCaffrey, R., & Liehr, P. (2016). The effect of reflective garden walking on adults withincreased levels of psychological stress. Journal of Holistic Nursing, 34(2), 177–184.

Walks4Work (Brown, Barton, Pretty, & Gladwell, 2012): Brown, D. K., Barton, J. L., Pretty, J., & Gladwell, V. F. (2014). Walks4Work: Assessing the role of the natural environment in a workplace physical activity intervention. Scandinavian Journal of Work, Environment & Health, 390-399.

Wilderness Therapy (Russell, 2001): Johnson, E. G., Davis, E. B., Johnson, J., Pressley, J. D., Sawyer, S., & Spinazzola, J. (2020). The effectiveness of trauma-informed wilderness therapy with adolescents: A pilot study. Psychological trauma: theory, research, practice, and policy, 12(8), 878.

Woodland for Health (Iwata, Ni Dhubhain, Burke, Brophy, & Roddy, 2014): Iwata, Y., Dhubháin, Á. N., Brophy, J., Roddy, D., Burke, C., & Murphy, B. (2016). Benefits of group walking in forests for people with significant mental ill-health. Ecopsychology, 8(1), 16-26.

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