Questo numero di Psychomed 2020 risente delle particolari condizioni realizzatesi quest’anno. Una pandemia virale che si è diffusa in tutto il globo ha avuto impatti profondi in molti Paesi del mondo, dando motivi per incidere, anche in modo imprevedibile, su leggi e normative – e quindi su abitudini di vita delle popolazioni consolidatesi in secoli di storia – con conseguenze ancora non del tutto ben calcolabili. Molte attività hanno dovuto chiudere, con gravi effetti sulla salute mentale dei cittadini per la perdita di reddito se non proprio del lavoro stresso, la perdita degli abituali contatti umani, la perdita delle attività culturali o della convivialità. Altre attività sono state assorbite o so- stituite da grandi piattaforme digitali, che hanno offerto servizi alternativi, anche se non sempre comparabili, come ad esempio quelle didattiche. Molti diritti sono stati sospesi, suscitando il timore che non possano più essere integralmente ripristinati. Il “distanziamento sociale” ha ridotto drastica- mente il sostegno sociale, uno dei più importanti fattori di protezione dallo stress psico-emotivo. La trama di rapporti umani che costituisce il tessuto della società ne è risultata alterata. L’isolamento sociale è aumentato. Una serie di cambiamenti troppo numerosi o troppo rapidi hanno comportato un aumento considerevole dei disturbi mentali, che solo da poco si è potuto cominciare a studiare.
Anche la redazione di Psychomed ne ha risentito, almeno per quanto riguarda i contenuti di questo numero della rivista, prevalentemente centrati sugli interventi psicoterapici o di comunità. Alcuni cambiamenti nelle modalità attuative di tali interventi erano già in essere fin dal secolo scorso, come l’uso dei computer per eseguire (o integrare) forme di trattamento psicologico che si realizza- vano faccia-a-faccia, ovvero, con espressione più attuale, “in presenza”. La psicoterapia on-line, quindi, non è iniziata quest’anno, ma mai come ora se ne comprendono le potenzialità, specialmente laddove gli spostamenti sono troppo difficili o sono temuti. In questo numero, abbiamo perciò volu- to inserire uno studio sull’efficacia della psicoterapia on-line, che inizialmente aveva suscitato non poche perplessità.
Parallelamente, si è osservato un ulteriore aumento dell’uso delle reti social da parte dei giovani, che non sempre hanno un livello di maturità sufficiente per inibire comportamenti aggressivi o sa- persi difendere da essi. Tali comportamenti “bullistici” ovviamente costituivano un problema anche prima delle reti social, ma la loro trasposizione a livello digitale ne ha notevolmente amplificato la portata. Perciò siamo lieti di poter proporre ai lettori una speciale rassegna dei programmi di inter- vento sul fenomeno del cosiddetto “ciberbullismo”, per dare una panoramica dei metodi attualmente più adottati ed efficaci a contrastarlo.
L’isolamento sociale è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di depressione, soprattutto per i soggetti anziani, in particolare in una società che guarda costantemente al futuro (non più ro- seo) e poco al passato. Sempre più gli anziani sono alloggiati in residenze protette, o sempre più vi- vono separati dalle famiglie. Durante questa pandemia sono state tra le prime vittime e non sempre hanno potuto ricevere il conforto dei familiari. La pandemia ha evidenziato drammaticamente il problema degli anziani rispetto alle loro vulnerabilità. Il terzo articolo di questo numero è perciò de- dicato ad una rassegna della cosiddetta “terapia della reminiscenza” (life review) nei pazienti anzia- ni affetti da depressione. Una procedura, questa, che favorisce l’aumento di salienza dei ricordi per- sonali, che diventano risorse interne, ma favorendo la condivisione sociale e il collegamento con il presente. La life review, nelle parole degli autori, si è dimostrata in conclusione una “ottima opzione di trattamento in caso di depressione senile”.
Infine, anche nell’Archivio storico si è cercato un collegamento con il presente. Abbiamo inserito la riproduzione di due capitoli del libro Extreme Stress and Communities. Impact and Intervention, edito a cura di Stevan E. Hobfoll e Marten W. De Vries (Springer Ed., Kluver, Dordrecht, Nether- lands), pubblicato nel 1995, in cui si riportano le ricerche, i contributi e le discussioni del seminario di ricerca – organizzato dalla NATO – tenutosi in Francia a Chateau de Bonas nell’estate 1994, con ricercatori e studiosi internazionali nel campo dello stress psico-sociale. Tutti gli aspetti di tale argo- mento sono stati vagliati in quella occasione, da ricercatori di primo piano, dai problemi della ricer- ca scientifica a quelli della salute mentale degli operatori sul territorio.
Non c’è stato un periodo da allora in cui il vissuto dello stress collettivo, tipico dei grandi disastri, siano essi naturali o intenzionali, si sia imposto con maggiore evidenza come quest’anno, favorito anche da una comunicazione mediatica che ne ha drammatizzato ogni aspetto. Nonostante numerosi siano gli interrogativi che questo genere di ricerca ancora lasci aperti, noi non ci auguriamo affatto che ci siano nuove occasioni per studiare il fenomeno dello stress collettivo e così dirimere i persi- stenti dubbi scientifici!
Data la lunghezza dei contributi, anche questo numero XV risulta ancora una volta coprire tutti e tre i fascicoli dell’anno.